Dapporto: «Le mie foto spedite per sbaglio a Scola, così ho iniziato a recitare»
Riceverà a Maniago il premio Vocalia/Anime doppie. Martedì il riconoscimento per l’attività di doppiatore

Nessuna eccellenza made in Italy è stata così scarsamente celebrata come il doppiaggio cinematografico, arte pura dell’italico cinema relegata alla fine del rullo di coda della pellicola mentre il pubblico è già nel parcheggio del multisala.
«E lottammo parecchio per ottenere almeno quello, un tempo non eravamo nemmeno citati nei titoli. Fantasmi».
Uno dei sostenitori della battaglia per quel minimo di visibilità finale fu proprio Massimo Dapporto, che martedì prossimo, alle 18.30, sarà premiato al ridotto del Verdi di Maniago con il riconoscimento “Vocalia/Anime Doppie”. Seguirà la brillante commedia degli equivoci, a cura dell’Ert: “Il delitto di via dell’Orsina” con protagonisti lo stesso Dapporto e Antonello Fassari (lunedì 9 a Grado e mercoledì 11 a Latisana, le altre date).
«Felice, ovviamente, ma è un riconoscimento alla carriera – spiega Dapporto –. Ho spento il microfono da una decina d’anni, ormai. Ciò non toglie la soddisfazione, il piacere e la gratitudine nel riceverlo».
Come mai tutta questa trascuratezza di un mestiere così nobile?
«Siamo soltanto voci, in realtà».
Ma le migliori del mondo, però. Ci starebbe un po’ di storia, Dapporto, se non altro per rendere omaggio alla categoria.
«Durante la Seconda guerra i film erano doppiati negli States dagli italiani che vivevano oltre oceano. Può ben immaginare l’inflessione italo-americana! In Italia s’iniziò a sincronizzare le pellicole più o meno nello stesso periodo storico, ma certi prodotti hollywoodiani non erano ben visti dal regime e si doppiava sottobanco, il che - a volte - migliorava la prestazione degli attori. Non di quelli grandi, ovviamente. Col Neorealismo anche i nostri volti del cinema “cambiarono” tono e il doppiaggio divenne un’industria. Alla fine dei Settanta solamente a Roma c’erano una ventina di agenzie».
E lei come ci finì in una di quelle salette asettiche, microfonate e col leggio?
«Pur essendo figlio di cotanto padre Carlo, mi diedi da fare parecchio da giovane, noncurante del cognome. Come dico sempre alla gioventù: non abbiate paura di sporcarvi le mani e fatevi il c**o. E con questo stesso spirito corsaro mi presentati alla Sas (società attori sincronizzatori) rivolgendomi alla mitologica signora Giovanna la quale mi indirizzò in sala per cimentarmi intanto con un cartone animato. L’esame andò bene e iniziai a lavorare».
Di far gavetta, oggi, nessuno vuol sentir parlare. C’è la corsa all’immediato successo senza fatica.
«Umiltà e sudore, saranno anche vecchi capisaldi dei mestieranti del palcoscenico. Io mi piegai la schiena e non smisi mai di cercare nuove opportunità».
Si ricorda quale fu la prima?
«Impossibile scordarla. Alla fine di un turno venne a trovarci Steno, che si complimentò per il mio brillante inizio carriera. Quando se ne andò chiesi alla segretaria della società di spedire al regista alcune mie foto. Vuoi mai. Lei si sbagliò e la busta fu recapitata a Scola. Giorni dopo mi ritrovai a fare il provino per “La Famiglia”. Gli scatti gli piacquero così tanto da farmi convocare. E, per un errore, la mia vita decollò».
Tanta tv, moltissimi personaggi rimasti nella memoria. Uno su tutti, se mi permette, è Giovanni Falcone.
«Quando me lo proposero pensai alla prova più difficile della mia vita: non mi sarei potuto concedere delle licenze come con gli altri ruoli fantasiosi. Andai a Palermo a incontrare le sorelle Maria e Anna, invitai a cena Giuseppe Ayala e mi feci spedire dal mio amico Costanzo tutti i filmati che aveva del magistrato. Ingrassai otto chili e mi pettinai come lui. Quando mi dissero: “Falcone è tornato” mi venne un brivido. Anche adesso, a ricordarlo».
Giusto un accenno alla commedia che arriverà in Friuli con lei e Fassari protagonisti.
«L’autore Labiche era il padre del Vaudeville. Una mattina due signori si risvegliano nello stesso letto sporchi di carbone e ipotizzano di aver ucciso la giovane carbonaia, la cui morte è annunciata dai giornali. S’innescheranno una serie infinita di equivoci. Un’ora e venti di divertimento».
Lei crede nella reincarnazione, si legge…
«Sono convinto della continuità dello spirito quando ci staccheremo dal corpo. Sto scrivendo anche un racconto sull’argomento. Un viaggio che parte da Giacobbe e attraversa i secoli, dalla scoperta dell’America alla Rivoluzione Francese».
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