Darwin e l’evoluzionismo secondo Marco Paolini: «Una storia di frontiera»
Ideatore del progetto Darwin, Nevada, sfociato nello spettacolo omonimo diretto dallo scozzese Matthew Lenton, sarà in scena martedì 18 marzo al teatro Giovanni da Udine: «Volevamo raccontare la genesi di un pensiero nuovo»

«È da ben prima del Covid che pensavo di raccontare Darwin», racconta Marco Paolini ideatore del progetto Darwin, Nevada, sfociato nello spettacolo omonimo diretto dallo scozzese Matthew Lenton in scena martedì 18 marzo al teatro Giovanni da Udine alle 20.30.
«E all’epoca risalgono le prime chiacchierate con Telmo Pievani, cui si sono aggiunti il paleontologo statunitense Niles Eldredge, lo storico della scienza britannico James Moore e il drammaturgo Francesco Niccolini. Abbiamo fatto sta specie di comitato scientifico amichevole. Ma poi il progetto si è evoluto, soprattutto con l’arrivo di Matthew. Io avevo l’esigenza di confrontarmi con la regia, di non andare in scena da solo e pensare un progetto internazionale. L’apporto di Matthew, col suo metodo di lavoro sostanzialmente fondato sulla creazione delle scene ha poi stravolto la storia cui avevamo pensato».
<CF1003>Che storia ne è uscita? <CF1001>«Una storia di frontiera, un contesto contemporaneo prendendo alcuni spunti dalla cronaca, dal furto dei taccuini di Darwin, quelli in cui il grande scienziato annotava dubbi problemi timori durante la formulazione della teoria dell’evoluzionismo nel volume L’origine della specie, dalla biblioteca di Cambridge nel 2001 e la loro altrettanto enigmatica restituzione nel 2022. Noi abbiamo provato ad avanzare un’ipotesi e ne abbiamo fatto lo spunto narrativo del nostro viaggio».
<CF1003>Per arrivare a Darwin?
<CF1001>«Un posto che sia io che Pievani e Moore essendoci passati conoscevamo bene. Da lì un cortocircuito che ci serviva per parlare delle cose di oggi, per raccontare il mondo di adesso. Il fondamentalismo di quelli per i quali credere è un atto di fede e tutto ciò che impegna una revisione delle proprie idee, come richiede la scienza, è troppo faticoso. Questo luogo diventa il simbolo di un’America conservatrice e protestante, dove il pensiero darwiniano incontra ancora forti resistenze e che costituisce anche il blocco di elettori dominante della potenza economica e militare più forte del pianeta. Però non vorrei esasperare una chiave di lettura politica nel senso che non è un manifesto questo spettacolo».
<CF1003>E allora che cos’è?
<CF1001>«Il nostro racconto, che mescola realtà e finzione, è ambientato nella ghost town di Darwin durante il Burning Man Festival del 2023, un evento che, ironia della sorte, viene sconvolto da una pioggia torrenziale».
<CF1003>Può dirci qualcosa della trama, senza svelare troppo?
<CF1001>«La trama segue due ragazze, Sue Ellen e Sunny (interpretate da Clara Bortolotti e Cecilia Fabris), che fuggono nel deserto con il loro camper e, nella confusione di una notte tempestosa, investono un uomo misterioso che interpreto io con dei quaderni di appunti. Chi è quest’uomo? E da dove provengono quei taccuini? Il personaggio dello sceriffo Ed (Stefano Moretti), un fondamentalista religioso, aggiunge ulteriori tensioni alla vicenda, facendo emergere il contrasto tra il rigore scientifico e la diffidenza nei confronti delle teorie evoluzioniste».
<CF1003>Lei ha detto che “la mitigazione ha fallito. Ora dobbiamo raccontare l’adattamento. E l’adattamento sarà feroce”.
</CF>«Ma quello che ho voluto raccontare è soprattutto la genesi di un pensiero nuovo, la fatica di non arrendersi a un pensiero dominante come ha fatto Darwin. Un pioniere, un uomo di frontiera che ha spostato la scienza oltre i suoi confini del tempo, immaginando la biologia non più come un elenco, ma come un divenire. Ma voglio ribadire che pur essendo il nostro uno spettacolo politico, non vogliamo farne un manifesto, dare lezioncine. È piuttosto, nella sua radicalità, uno spettacolo divertente come un western, quasi di evasione».
In scena con Paolini, oltre ai già citati Clara Bortolotti, Cecilia Fabris, Stefano Moretti, anche Stella Piccioni, mentre le scene e i costumi sono di Emma Bailey.
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