Di Lazzaro e l’Avvocato Agnelli: «Ci frequentammo a lungo»

La popolare attrice udinese rivela al settimanale Oggi la liaison con Gianni Agnelli. Il suo libro di “passioni e virtù per uscire dalla crisi”: «Affascinante ma cinico»

MILANO. «Gianni Agnelli l’ho conosciuto e bene. Ci siamo frequentati per molto tempo». Lo ha rivelato Dalila Di Lazzaro in un’intervista sul numero in edicola del settimanale “Oggi”, in cui conferma un passaggio allusivo del recente libro di Ferruccio de Bortoli, “Poteri Forti”, edito da La nave di Teseo. La popolare e bellissima attrice udinese che in questi giorni presenta “La vita è così, passioni e virtù per uscire dalle crisi”, sesto libro della sua carriera di scrittrice, ricorda l’Avvocato come un gaudente e un cinico. «Era un uomo affascinante – ha detto a “Oggi” –, ma sul piano umano non mi ha mai entusiasmato». «Nelle grandi famiglie spesso è così – ha osservato Dalila –, i sentimenti vengono tenuti a freno, non c’è tempo per gli altri, nemmeno per i figli, uno pensa a godersi la sua vita e del resto se ne fotte».

«Era affascinante, ma cinico», ha puntualizzato l’attrice.

«Agnelli - scrive Ferruccio de Bortoli nel suo ultimo libro che sta riscuotendo ampi consensi – fu un editore largamente sui generis. I giornali li leggeva, gli piacevano. Era curioso di conoscere i retroscena delle interviste o dei fatti, anche i più tragici. Altre volte le curiosità erano del tutto personali.

“Lei ha presente quella bella attrice con gli occhi verdi... come si chiama? Dalida…” “Dalila, forse?”, “Dalila, certo, Di…” “Di Lazzaro, Avvocato?” “Ecco, esattamente.” L’impressione era che facesse un po’ finta di non ricordarsi il nome e il cognome. L’attrice era preoccupata da un libro di memorie che aveva affidato, incautamente secondo lei, a una mia collega. Non ne sapevo niente e non dovetti fare nulla. Renato Pozzetto ricorda le riprese del film di Alberto Lattuada “Oh, Serafina”, tratto dal romanzo di Giuseppe Berto, con protagonisti lui e Dalila Di Lazzaro, uscito del 1976. “C’era un elicottero che veniva a prendere Dalila sul set…”».

L’udinese Dalila Di Lazzaro torna dunque a far parlare di sé, e non soltanto per la sua bellezza indiscussa, che l’anagrafe – ha compito 64 anni – non ha intaccato; ma anche per il bagaglio di ricordi e di aneddoti che l’hanno incoraggiata a un impegno come scrittrice.

La sua carriera sul set è stata comunque di tutto rispetto. È entrata nel mondo dello spettacolo come indossatrice, cimentandosi anche come stilista. Fu poi scelta come testimonial pubblicitario per un collirio. Nel 1972 debuttò al cinema nel film spaghetti-western, “Si può fare... amigo”, di Maurizio Lucidi con lo pseudonimo di Dalila Di Lamar.

Seguirono numerose pellicole in ruoli minori, fino al 1974 quando recitò nel film, “Il mostro è in tavola... barone Frankenstein”, di Paul Morrissey, fortemente voluta dai produttori Andy Warhol e Carlo Ponti. Definitivamente lanciata da Alberto Lattuada come attrice principale nella pellicola, “Oh, Serafina!” (1976), anche grazie alla sua altera bellezza, Di Lazzaro sarà poi scelta e scritturata in seguito, essenzialmente per il ruolo di “femme fatale”, girando nel complesso più di trenta film e diverse fiction per la tv e divenendo così una protagonista del cinema italiano degli anni settanta, ottanta e novanta. Molti i film girati anche in Francia, Svizzera e Regno Unito.

Nel 1991, in seguito alla perdita improvvisa dell'unico figlio Christian, vittima a 22 anni di un incidente stradale, la Di Lazzaro, fortemente provata, si allontanò dalle scene cinematografiche, lavorando saltuariamente in fiction televisive.

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