Dorfles: «I miei 100 classici per essere piú liberi»

Il critico Rai ospite domani di LeggerMente. «Si legge poco per colpa di una classe dirigente distratta»
Di Paolo Patui*

C’è un programma televisivo espressamente dedicato ai libri e alla lettura, che sfida fin dal 1997 ogni altro tipo di prodotto erogato dalla cattiva maestra televisione. Per un pugno di libri è un quiz “alternativo” animato da vari conduttori (per ben un decennio però Neri Marcorè), affiancati sempre da un personaggio tanto colto e elegante quanto leggero ironico. Si tratta di Piero Dorfles, giornalista e responsabile della programmazione culturale di Radio Rai, che aveva e ha il compito di correggere gli errori commessi dai concorrenti e soprattutto di proporre nuove letture di recente uscita, con tanto di commento e di apprezzamento personale. Quale ospite allora piú in sintonia con la nostra voglia di far capire come i libri possano far parte della nostra vita in modo utile, importante, piacevole, essenziale? Del resto Dorfles ha recentemente pubblicato un volume dal titolo tanto ambizioso, quanto stuzzicante: “I cento libri che rendono piú ricca la nostra vita”, un elenco approfondito e straordinario che mi spinge a chiedergli Dorfles - posto che gli elenchi sono sí utili, ma anche limitanti - se si tratti di un elenco assoluto e definitivo. «Nessun elenco può essere assoluto e definitivo; se non altro perché ogni stagione e ogni paese ha i suoi gusti, i suoi eroi, le sue ansie. E i 100 libri del mio elenco sono un tentativo di individuare i classici che in questo periodo, in Italia, sono piú noti. È chiaro che in un altro paese sarebbero libri diversi, come è probabile che già tra dieci anni saranno diversi anche i libri piú popolari in Italia. Il concetto stesso di classico varia nel tempo: per farcene un’idea basta scorrere l’elenco dei premi Nobel per la letteratura. Ci troveremo nomi come quelli di Matilde Serao o di Romain Rolland che oggi non legge praticamente piú nessuno. Un classico, in definitiva, diventa tale solo dopo qualche decennio dalla sua uscita; e lo resta finché ha qualcosa di dirci».Ma è possibile affermare che la lettura è una modalità che ci abitua a incontrare e accettare ciò che è diverso da noi? «Sono convinto che la letteratura sia uno strumento di conoscenza ineguagliabile, perché ci permette di entrare nei pensieri e nelle riflessioni di persone diversissime da noi per nazionalità,valori, cultura, religione ed etnia. Questo comporta un confronto, che altrimenti non potremmo mai fare, con mondi e concezioni diversissime dai nostri. Leggendo, dunque, si possono avere esperienze di una quantità di situazioni che, anche viaggiando frequentemente, non avremmo mai avuto la possibilità di fare in una vita intera. E avere esperienza del diverso, di ciò che è altro da noi, è quello che ci apre la mente, ci fa capire che non sempre quello che pensiamo è corretto, che non sempre i nostri valori sono i migliori, o comunque che non sono assoluti. Ecco, credo che leggere sia il migliore strumento che abbiamo per evitare di vivere nel conformismo». In Italia i veri lettori sono una percentuale minima di persone; quanta responsabilità ha la scuola e quali potenzialità invece e avrebbe? «Certo, la scuola ha molte responsabilità nel mancato sviluppo della capacità di leggere con profitto, ma la scuola condivide queste responsabilità con le famiglie, con i mezzi di comunicazione di massa e con i valori dell’intera comunità nazionale. Se nessuno ha promosso forti incentivi alla lettura nei programmi scolastici è perché né la classe dirigente né la società civile hanno pensato che leggere fosse un elemento essenziale per lo sviluppo della nazione». Di questo e altro parleremo e leggeremo con Piero Dorfles domani, come sempre senza esibizioni né sfoggi di cultura, ma con il desiderio di provare a renderci piú "ricchi" e forse pure un po’ piú felici.

(*curatore del festival)

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