Ecco i foreign fighters gli jihadisti dei suburbi pentiti d’essere europei

È da ieri i libreria “L’ultima utopia, gli jihadisti europei”, il saggio di Renzo Guolo pubblicato da Guerini e Associati. Ecco il capitolo nel quale l’autore traccia l’identikit dei militanti europei nell’l’Islam radicale.
di RENZO GUOLO
. I profili sociologici che si possono dedurre da fonti aperte come media, rapporti di forze di sicurezza e di intelligence resi pubblici, comunicazioni dei governi, inchieste giudiziarie, rivelano che i cosiddetti foreign fighters di matrice occidentale hanno un età media tra il 18 e i 28 anni. È, dunque, la seconda generazione di immigrati che costituisce l’ossatura prevalente di questa nuova ondata jihadista. Quella caratterizzata dalla condizione della “doppia assenza”, nella quale l’immigrato non è davvero né cittadino, né straniero; è contemporaneamente fuori dalla comunità d’origine, ma non pienamente parte della società nella quale vive. Intrappolato nel settore ibrido dello spazio sociale a metà tra essere sociale e non-essere. Condizione che, in presenza di determinate condizioni, legate al ciclo economico e politico, favorisce il duplice meccanismo della recriminazione e del risentimento.
Il profilo dei giovani jihadisti europei è socialmente e culturalmente diversificato. Nell’elaborazione di teorie esplicative mirate a dare conto del fenomeno occorrerà evitare spiegazioni monocausali, che stabiliscano nessi automatici tra condizione sociale disagiata e passaggio allo jihadismo, sebbene questo nesso sia evidente in talune biografie e in specifiche realtà nazionali. Difficile, dunque, ritagliare un deciso profilo-tipo di “foreign fighters”. Ciò che è certo è che, generalmente, si tratta di un musulmano sunnita, di seconda o terza generazione, o di un convertito.
Tra i nuovi jihadisti, infatti, vi sono individui che provengono da ceti medi e popolari, dalle periferie e dai suburbi metropolitani come da zone residenziali, piccoli delinquenti di quartiere e laureati in buone università. Ma tra quelli che provengono dai quartieri popolari delle grandi città non tutti hanno alle spalle esperienze di marginalità e devianza segnati dalla spirale abbandono dei percorsi scolastici, uso di droga e piccolo spaccio, microcriminalità, carcere. Una simile componente è sicuramente presente nel caso francese, ma tra i radicalizzati si trovano anche giovani scolarizzati, che spesso non sono riusciti a tradurre la loro istruzione in soddisfacente collocazione professionale. Il tratto comune a quest’ultimo gruppo è, semmai, dato dal rifiuto di un’assimilazione di tipo downward, verso il basso: quella che si sviluppa nelle periferie urbane divenute spazi di segregazione sociale e in ambienti deprivati, caratterizzata da culture oppositive verso le istituzioni e i modelli normativi delle società occidentali acquisite nell’ibridazione culturale insita nei processi migratori. In ogni caso, contrariamente a quanto avviene nel mondo islamico, i giovani di classe inferiore formano lo zoccolo piú esteso dello jihadismo europeo. Anche se questo primato è eroso, significativamente, dall’ingresso nella scena jihadista di giovani di classe media, in particolare tra i convertiti e da donne istruite.
Una simile eterogeneità sociale e culturale rinvia alla presa della dimensione ideologica, come spesso è avvenuto in altri movimenti di diverso orientamento politico che si vogliono rivoluzionari. E l’Islam radicale si autorappresenta come tale. Sia perché portatore di istanze politiche non compatibili con le forme statuali contemporanee e i confini degli attuali stati nazionali. Sia perché esprime un netto rifiuto della cultura occidentale, accusata di minare alle radici le fondamenta dell’Islam. L’adesione all’ideologia radicale implica, infatti, il rifiuto di quello che nel “gergo dell’autenticità” islamista viene chiamato westoxification, intossicazione da Occidente(...).
Rifiuto che prende la via della radicalizzazione politica, prima ancora che religiosa. Non è un caso che per molti di questi giovani il ritorno alla religione sia posteriore, o concomitante, con l’adesione al radicalismo. La maggior parte di essi non ha precedenti di militanza religiosa. Si riconvertono, o convertono, all’Islam perché radicalizzati politicamente e non viceversa. L’Islam radicale si presenta loro come ultima dottrina del rigetto dei sistemi politici e culturali occidentali.
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