Enrico Bertolino in Friuli, tra humour e serietà: «Così lo spettatore sorride e poi pensa»

Parte martedì 11 novembre da Gemona il tour del comico milanese che porta in scena “Una serata di ordinaria ironia”

Gian Paolo Polesini
Enrico Bertolino arriva in Friuli con lo spettacolo “Una serata di ordinaria ironia”
Enrico Bertolino arriva in Friuli con lo spettacolo “Una serata di ordinaria ironia”

C’è una consistente parte di mondo friulano che resiste nella memoria di Enrico Bertolino, uno dei pochi frontman della comicità italiana uscito dalla Bocconi e, da martedì 12, nuovamente qui, con partenza da Gemona, per una lunga passeggiata scenica fra i paesi del Friuli, a cura dell’Ert, una produzione Bonawentura/Teatro Miela Trieste . Vogliamo ricordare subito e non ci pensiamo più) le date di questo spettacolo dell’artista milanese — sotto un’insegna piuttosto esplicita che ricorda vagamente il titolo del film con Michael Douglas, ovvero “Una serata di ordinaria ironia” — diretto da Massimo Navone con la collaborazione ai testi di Stefano Dongetti. Il 13 a Lignano, il 14 a Cordenons, il 15 a Pontebba, il 21 a San Daniele, il 22 a Lestizza, il 23 a Premariacco e il 18 gennaio 2025 a Spilimbergo.

Dunque, Enrico, cosa conserva d’interessante di noi nella sua valigia?

«Sebbene sia ormai un fatto risaputo, però mi è cara la tenacia di un popolo capace di rialzarsi dopo una dolorosa spallata, e questo resta in cima ai miei pensieri. Giusto di Gemona, dove debutterò martedì, custodisco una circostanza unica: mi dissero che al tempo numerarono le pietre per ricostruire il duomo crollato con le scosse di terremoto del 1976. Fantastico. Ah be’, sempre sfogliando l’album trovo alcuni souvenir: una sommelier astemia conosciuta a Forni, il frico alle erbe e, soprattutto, il senso solido di gente competente a teatro».

Il vostro è uno show che sarebbe bene definire work in progress, ovvero dotato di un copione robusto e, al contempo, pronto a essere sparigliato dai fatti piovuti in giornata sulle nostre teste.

«Il format è esattamente questo. Non ci adagiamo di fronte a un pacco di fogli incorruttibili, tipo un testo goldoniano, ecco, vogliamo rendere più eccitante l’attesa dell’entrata sul palco con un’ultima occhiata su cosa di intrigante è accaduto ore prima. È poi consuetudine studiare con attenzione il territorio cercando di stupire chi lo abita. A Trieste parleremo male degli udinesi e viceversa, ovviamente».

Chi di satira vive, abitando in Italia, non morirà mai di fame.

«Pensi ai colleghi svizzeri o ai finlandesi: non sanno dove pigliare le battute, poverini. In quella composta e perfetta noia dove tutto funziona, mi dica lei come gli umoristi fanno a campare?».

Viviamo accompagnati dalla frenesia. I social ci hanno abituato a scorrere tutto in velocità senza assaporare alcunché…

«In più le notizie sono già vecchie dopo qualche ora. Dal palcoscenico io, Massimo e Stefano cerchiamo di mettere ordine alla mitragliata di avvenimenti che si sovrappongono, supportati da immagini e dalla musica live, con Tiziano Cannas Aghedu e Roberto Dibitonto, che arredano con eleganza».

La mescolanza humour e serietà è un ottimo cocktail per divulgare pensieri e renderli così forti.

«Indubbiamente lo spettatore, se lo facciamo sorridere, uscirà contento e più disposto all’elaborazione di ciò che abbiamo raccontato. Anche il tempo di cottura è fondamentale. Un’ora e mezza sì, più di due ore, no.

Qual è lo stato di salute del cabaret?

«Resiste Zelig con il suo necessario cambio generazionale. Vuol sapere? Il Ciak di Milano ha chiuso, lo Smeraldo è diventato una specie di mangiatoia lussuosa, cosa vuole, la trasformazione è in atto. Non l’ho detto a caso che la vostra realtà friulana è assai preziosa».

C’è una definizione su Enrico Bertolino che gradisce più di altre?

«Mi ritengo un affabulatore o un narratore. Racconto storie, in fondo quelle la gente vuole ascoltare. Se poi riesco a divertirli, meglio ancora».

Lei girò un film di e con Alberto Sordi, il suo ultimo: “Incontri proibiti”.

«Uno dei ricordi più belli della vita. Per stare sul set persi il lavoro in una agenzia, ma recitare accanto al maestro fu meraviglioso. Sordi è stato uno dei pochi che seppero far ridere e pure commuoverci come ne “Il borghese piccolo piccolo”. Conservo la cassetta di quel film del 1998, anche se non ho alcun apparecchio dove metterla». 

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