L’essenza delle donne: in mostra la potenza della rinascita dopo una violenza

Al Museo etnografico di Udine le opere di cinque astiste. Il curatore: « Uno strumento di dialogo e riflessione»

Francesca Schenetti
Un’opera di di Francesca Martinelli, una delle artiste in mostra
Un’opera di di Francesca Martinelli, una delle artiste in mostra

Raccontare la potenza della rinascita dopo la violenza, è un tema che non si rivolge soltanto alle donne, ma al contrario apre un dialogo in divenire con tutta la società.

L’arte contemporanea, per eccellenza, si pone come linguaggio che permette di comprendere e rinnovare l’universalità del femminile insito in ogni essere umano, abbattendo così stereotipi di genere e coltivando nuove consapevolezze. È questo il motore della mostra collettiva “Sui generis – in mostra l’essenza delle donne” che si inaugura, sabato 1 marzo alle 12 nel Museo Etnografico di Udine, di Palazzo Giacomelli, visitabile fino al 5 maggio. L’esposizione, curata da Luca Bernardis, è organizzata dall’associazione Iotunoivoi Donne insieme – Centro antiviolenza di Udine, che da un’attività di ascolto e sostegno ha voluto coinvolgere cinque professioniste dell’arte contemporanea per trasformare insieme un impegno quotidiano basato sulla parità di genere come atto di rinnovamento culturale.

Laura Leita, Francesca Martinelli, Maria Elisabetta Novello, Anna Pontel e Debora Vrizzi sono le artiste che metteranno le loro opere in dialogo con la collezione permanente del museo. L’obiettivo è creare un ponte tra la tradizione del territorio e il linguaggio della contemporaneità, indagando la femminilità come nucleo fondante di un sistema sociale che è chiamato a riconsiderare i dogmi da sempre tramandati e abbattere gli stereotipi spesso incancreniti nei processi familiari, tanto quanto individuali.

«Il percorso espositivo – spiega Alice Boeri, presidente dell’associazione e centro antiviolenza – si sviluppa come una narrazione corale che affronta aspetti cruciali dell’esperienza femminile: dalla presa di coscienza di relazioni tossiche alla ricostruzione di sé; dal ripensamento del concetto di maternità alla decostruzione di ruoli imposti dalla società».

Il tema della riappropriazione identitaria è affrontato da Leita attraverso dei ritratti onirici, nei quali l’enfasi dello sguardo si contrappone alla staticità apparente del corpo, mostrando con potenza il passaggio dall’invisibilità a una nuova coscienza di sé. A raccontare invece il femminile nella sua “bestialità”, intesa non in termini denigratori, ma profondamente liberatori, sono due installazioni di Francesca Martinelli che attraverso “Le Cattive Madri” presenta sette abiti votivi che evocano la figura di Lilith, archetipo ancestrale innato in ogni donna, creando un dialogo con i dipinti del bestiario “Anatomia Barocca”.

Si tratta di un’opera maestosa atta a ribaltare l’ordine precostituito dalla società con figura femminili come sirene, madonne e sante, necessarie per indagare la sacralità del corpo e del suo manifestarsi. Una meditazione semiotica e semantica sarà la riflessione di Novello con “A(r)ma”, un’installazione di cenere che al centro diffonde l’azzeramento della parola in un gioco di sottrazione per esaltarne il significato restante, dove la fragilità simbolica dei materiali utilizzati raccoglie la forza dirompente dell’amore di fronte alla violenza. In una struttura più figurativa, è Pontel che indaga la delicatezza del corpo nelle sue crepe, attraverso una ricerca sul vuoto, il buio che si tramuta in oro come metafora della filosofia kintsugi giapponese.

Nel farlo, l’artista propone un dialogo tra due disegni e una scultura, mostrando le dinamiche presenti nei gesti di annullamento tanto quanto nei gesti di rinascita.

La derivazione dei costrutti culturali sul ruolo del femminile nella società, riguarda anche le origini famigliari, indagate da Vrizzi nel video “Family Portrait”: qui, una forte metafora visiva mette in luce le dinamiche famigliari e il loro perpetuarsi nel tempo. L’artista seduta immobile, è ricoperta di polvere che verrà lentamente ripulita dai soffi dei suoi antenati, maschi e femmine. Allo stesso modo, in una performance parallela, Vrizzi propone una riflessione provocatoria sugli stereotipi di genere all’interno delle sfere professionali, consegnando un messaggio di liberazione con il progetto n.8 Pmc Talent Agency.

«L’arte deve essere uno strumento di dialogo e riflessione, – spiega Bernardis – l’alternanza tra opere concettuali e opere figurative più immediate rende la mostra accessibile e comprensibile a tutti».

All’interno del progetto, si amplia un programma culturale che trasforma gli spazi del museo in laboratori di riflessione con presentazioni di libri, lectio magistralis e performance di danza. Per informazioni iotunoivoi.it@iotunoivoi.it; 0432 421011. —

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto