Al Far East sbarca la Corea del Sud: quel sogno di giustizia sociale
Un Paese che vive in difficoltà dopo la proclamazione della legge marziale. Il consulente Darcy Paquet: «Un Papa asiatico? Lì c’è una chiesa progressista»

Durante i festival gli intrecci fra vita, cinema, società, religione, politica hanno una loro vita autonoma, ma in sintonia con la pura visione del cinefilo incantato. Ci si nutre di ciò non per fame, ma per desiderio di esplorare.
D’altronde il Far East Film Festival è una florida base di lancio dalla quale far partire tematiche e ipotesi, studi sociologici e antropologici, l’unica raffinata lente del microscopio europeo dove posizionare l’Asia intera, a Udine, una volta l’anno.
Approfittando dell’opera sudcoreana delle 19.30 di martedì 29 aprile, “Her Me: Our Summer”, di Jo Seon-ho, 2024, una prima italiana piuttosto delicata sul mondo dei non udenti con largo uso d’amore, scatta naturale un viaggio virtuale in un Paese che al Feff, da ventisette anni, spedisce con orgoglio una decina di pellicole a edizione di varia natura e sostanza.
Mercoledì 30 aprile, per dire, alle 14.30, altro giro, altra corsa con “About Family” di Yang Woo-seok del 2024, la vicenda di un tizio piuttosto ricco al quale una sola cosa gli manca da morire: un nipote.
E il Virgilio scelto per non sbagliare strada è il conosciutissimo Darcy Paquet, qui in via Trento è un’istituzione, bostoniano di nascita e, da parecchi lustri, coreano d’adozione. Dal 2002 Paquet è il consulente di riferimento del "Far East” e non solo. Mister Darcy, attenzione, è da oltre vent’anni al fianco del regista Bong Joon-ho, il premio Oscar dell’illuminato “Parasite”. Sue le traduzioni delle opere del famoso cineasta.
Se la rassegna orientale è un lungo fiume, diciamo il Mekong, gli affluenti contribuiscono ad arricchirlo di nuova energia fluida. Leggendo il “Corriere della sera” ci siamo imbattuti ieri in una pagina delle tante dedicate alla morte di Papa Francesco, con un focus specifico su uno dei tanti papabili del momento, il cardinale sudcoreano You Heung-sik, che scelse a 16 anni il nome di Lazzaro.
Farebbe buon gioco al Paese un Santo Padre asiatico?
«Onestamente non lo conosco. Posso rivelare, invece, l’attuale situazione religiosa della nazione, perlopiù a trazione cattolica progressista con una larga maggioranza di cristiani. Negli anni Ottanta durante le proteste del popolo per la democrazia, la Chiesa è stata al loro fianco, va sottolineato. E ai ricercati dalla polizia venivano spalancati i portoni delle parrocchie, un sostegno importante. Per concludere direi che è maggioritario il principio di giustizia sociale».
Ci giungono voci di una crisi del cinematografo, sono vere?
«L’industria sta cambiando e il pubblico non è tornato in massa al cinema. La pandemia l’ha allontanato dalle sale e, da allora, è entrata in scena una sorta di pigrizia sostenuta dal largo uso casalingo di streaming. A ciò si aggiungono i costi sempre più elevati della produzione che hanno spento l’entusiasmo dei registi a girare. Ben diversa era la situazione di una decina d’anni fa quando la settima arte coreana stava un passo avanti a tutti e la gente attendeva le novità con ansia, conscia che il loro cinematografo sapesse guardare al futuro».
Addentriamoci nella politica. La proclamazione della legge marziale da parte del presidente Yoon Suk-yeol, alla fine del 2024, avrà creato panico nel Paese.
«Oh sì, è stato un momento spaventoso e, per molti mesi, chiunque pensava solamente a questo. Anche il cinema ha patito la follia del partito conservatore che temeva le attività anti-statali delle opposizioni, ovvero una mano tesa verso gli interessi della Corea del Nord. Per fortuna a giugno ci saranno le elezioni e si spera in una stabilità duratura con l’elezione di un candidato progressista molto avanti nei sondaggi».
A proposito di Nord, si temono ancora assalti?
«Ora meno di un tempo, certamente. Però abbiamo la sensazione di stare in una zona sismica: sai che da un momento all’altro potrebbe tremare la terra».
Come si vive in Corea, Darcy?
«L’organizzazione globale è avanzata, per cui non ti devi preoccupare troppo di certe questioni pubbliche. A livelli pericolosi, al contrario, ci stanno lo stress, a causa di un’esistenza caotica, e la pressione sul lavoro. Però molti Paesi vorrebbero essere la Corea e di ciò le istituzioni sono ben consce, tant’è la frequente voglia di leadership, nonostante l’oppressione di Cina e America».
E l’Italia? Ci amano o no?
«I coreani sono pazzi del cibo italiano, della moda italiana e del design italiano».
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