Finardi: la mia tata friulana mi chiama ancora puar frut

UDINE. Musica d’autore in piazza Indipendenza a Latisana, per la chiusura di Settembre Doc: domenica, alle 21, con il suo Nuovo Umanesimo Tour arriva infatti Eugenio Finardi, sul palco con i maggiori...

UDINE. Musica d’autore in piazza Indipendenza a Latisana, per la chiusura di Settembre Doc: domenica, alle 21, con il suo Nuovo Umanesimo Tour arriva infatti Eugenio Finardi, sul palco con i maggiori successi dagli anni 70 a oggi. Appuntamento a ingresso libero, organizzato dalla Pro Latisana con il Comune con Azalea Promotion. Intervistiamo l'artista mentre, a Torino, sta lavorando al prossimo disco.

– Eugenio, prima di tutto... che album sarà?

«Un disco completamente costituito da mie canzoni inedite in italiano, come non accadeva da ben quindici anni, dall'album H2O del 1998. Sarà autoprodotto da me e da Max Casacci dei Subsonica».

– Domenica tornerai a suonare in Friuli. Una terra che pare starti molto a cuore...

«È così: infatti io sono stato allevato da una donna friulana, che considero la mia seconda mamma. Mia madre, essendo una cantante lirica americana, doveva per forza appoggiarsi a una governante, che vive tuttora con noi. La mia tata è di Palmanova (anche se adesso sta in America) e quindi mi ha fatto conoscere bene il Friuli e anche un poco della vostra marilenghe... Si chiama Luisa e lei, fin da quando ero bambino, mi ha sempre chiamato affettuosamente puar frut».

Spostare l'orizzonte segna il tuo debutto come autore di libri. Un'esperienza appagante?

«Decisamente interessante, anche perché non si tratta di un’autobiografia e nemmeno di un libro essenzialmente musicale. Ho deciso di impostarlo su una conversazione, in quanto la pagina bianca mi terrorizzava in quel momento. Ho scelto di farlo con Antonio G. D'Errico, creando volta per volta degli scenari dove incontrarci: un concerto, uno studio di registrazione, gli spazi liberi di un tour... Mi interessava il punto di vista di una persona dalla preparazione diversa dalla mia (Antonio è scrittore e insegnante). È veramente in lavoro realizzato a quattro mani. Non è un libro scritto per i fans. Gli argomenti sono molteplici: i miei valori, l'atteggiamento verso la vita, parlo anche di mia figlia down, insomma è una testimonianza dei nostri tempi».

– Hai inventato il rock all'italiana, ami il blues. Eppure, un tuo progettoo molto intrigante è il cdFado con Marco Poeta. Da dove nasce l'interesse per la musica portoghese?

«C'è la musica con cui si nasce e quelle di cui ci si innamora. Come le donne importanti della vita: la madre e gli amori. A casa mia si ascoltava solo musica classica e a 13 anni ho scoperto il rock e il blues. Anni dopo il fado mi ha permesso di ritrovare l'aspetto lirico delle origini, anche nel canto, nell'uso del diaframma. Quel disco è stata l'anticamera di un progetto di musica classica contemporanea registrato a Treviso per l'etichetta Velvet Luna, che poi mi ha permesso di realizzare il sogno di mia madre: vedermi cantare alla Scala di Milano».

Alberto Zeppieri

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