Fiume e quelle lettere della figlia Renata a Gabriele D'Annunzio: «Seguo le tue gesta meravigliose»

Il 12 settembre il Vate fece il suo ingresso nella città adriatica con 2mila volontari. Il carteggio e le censure dal governo italiano. «Il mio cuore è sempre con te»

Tra pochi giorni sarà nelle librerie “Diario della Sirenetta” che Renata D’Annunzio tenne dell’impresa paterna a Fiume. Tobias Fior ne è il curatore.

Quando il 12 settembre 1919 Gabriele d’Annunzio, alla testa di circa duemila soldati, fece il suo ingresso trionfante a Fiume, accolto dalla popolazione in festa, molti dei suoi conoscenti e parenti non erano a conoscenza delle sue intenzioni. Tra coloro che erano all’oscuro dell’impresa vi erano anche la figlia Renata e il marito Silvio Montanarella. Il tenente di vascello proprio quel giorno, infatti, aveva inviato un telegramma a d’Annunzio citando solo la sua partenza per New York, ma senza nessun accenno all’impresa, segno che non ne era a conoscenza.

Occorrerà aspettare fin dopo il 20 settembre prima che l’impresa venga citata nel carteggio fra Renata e il padre: «Nell’entusiasmo e nella gioia per la gesta magnifica, il pensiero della tua salute malferma e la partenza di Silvio hanno gettata un’ombra dolorosissima tanto che ho avuto dei fenomeni nervosi un poco inquietanti. Attenderò con coraggio la tranquillità e la gioia che vengono dal sacrificio, e sarò per te e per Silvio la tenerezza lontana e pur sempre presente». In queste parole emerge tutto il carattere amorevole di Renata, che verrà immortalato in tutta la sua forza nel Notturno dannunziano.

Dal carteggio di quel periodo si può rilevare inoltre anche uno spaccato della vita dei coniugi Montanarella, residenti a Melfi. Veniamo, a esempio, a conoscenza del fatto che la loro corrispondenza era sottoposta a controlli e blocchi, tanto che Renata per poter provare l’onestà del commissario, invia una “lettera sediziosa” a d’Annunzio, in modo da controllare se davvero le lettere gli venissero consegnate.

La situazione a Melfi, poi, non è tutta rose e fiori e di questo Renata farà cenno a d’Annunzio in una lettera del 23 ottobre, guardando con speranza alla vita di Fiume: «A Fiume si deve vivere la vera vita, piena di ardore. Qui si muore d’inedia, fra questa gente vile che non pensa che al piatto di maccheroni! Non un soffio di entusiasmo, non un sussulto di energia. Guardati in cagnesco da tutti. Le più strane favole e più vili sorgono su me, su te, su Silvio». In questa stessa lettera emerge anche l’odio, che accomuna padre e figlia, per il Presidente del Consiglio Nitti, tanto che se uno lo soprannomina “Cagoia”, l’altra lo definisce “quel piccolo uomo”, puntando non solo a ironizzare sulla statura fisica, ma anche a sottolineare quella morale: «Tutti vivono nel terrore della vendetta di quel piccolo uomo».

Ma scopriamo anche che Renata era in contatto con varie personalità come a esempio Orsini, che aveva ricevuto pressioni da parte del governo italiano per farsi pacificatore a Fiume.

Di questo mette al corrente d’Annunzio: «Ma tu sai che il mio cuore è sempre con te, che seguo le tue gesta meravigliose con l’ardore che sai, contenta di non essere per te che una piccola fiamma di tenerezza, lontana nell’ombra. Ho avuto una lunga lettera di Orsini da Parigi. Anche a lui il governo aveva chiesto di venire a Fiume come pacificatore, ma naturalmente ha rifiutato. Io vivo in un’ansia continua di attesa. Tutti i giornali li leggo e li rileggo nei punti in cui parlano di te, per vedere tra le righe, per seguirti nella tua vita, per immaginare tutti i minuti».

La risposta di d’Annunzio alle lettere di Renata avverrà solamente ai primi di novembre, quando anche il blocco della corrispondenza verrà sciolto, dopo una protesta presso il Ministero: «Mi sembra di averti ritrovato dopo un lungo cammino e la gioia mi riempie gli occhi di lacrime». —

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