Gassman in “Non odiare”: «Mancini è il mio regista: ha l’urgenza di raccontare»

Erica Culiat
Quasi minaccioso “il quadrilatero” di Melara che graffia un cielo livido. Qui termineranno il 12 ottobre, dopo cinque settimane di riprese a Trieste (due sole le uscite fuori porta, una al lago di Fusine, l’altra a Staranzano), del film diretto da Mauro Mancini, “Non odiare”.
Un’opera prima (anche se Mancini al suo attivo ha corti e premi) che ha entusiasmato Alessandro Gassmann, reduce dall’essere protagonista di un’altra opera prima, “Mio fratello rincorre i dinosauri” di Cipani. «Penso che continuerò su questa strada perché questi registi hanno una freschezza e un’urgenza di raccontare, diversa dai registi che fanno film da più tempo».
Produttore, Mario Mazzarotto e attori, tra cui Sara Serraiocco e Luka Zunic, tutti folgorati dalla sceneggiatura firmata Davide Lisino e Mauro Mancini.
«Io a una prima lettura mi devo emozionare - ha detto Gassmann - e così è stato. Inoltre è scritta molto bene, non ci sono parole di troppo, non c’è ridondanza, le parole sono sostituite dalle immagini e dalle emozioni».
«Non è solo scritta bene - ha commentato Mazzarotto -, anche la storia mi ha colpito e quindi ho avvertito l’urgenza di produrla con determinazione. In una società caratterizzata da violenza e rabbia è importante raccontare il rispetto e la tolleranza».
Il cuore della storia è ispirato a un fatto di cronaca di qualche anno fa accaduto nella ricca città tedesca di Paderborn, dove un chirurgo di origini ebraiche ha tradito il giuramento di Ippocrate rifiutandosi di operare un paziente con un tatuaggio nazista sull’avambraccio. Simone Segre (Gassmann) infatti è un chirurgo di origini ebraiche che ritornando da un allenamento di canottaggio, soccorre un uomo vittima di un incidente stradale. Quando però scoprirà che sul petto ha tatuato un simbolo nazista, lo abbandonerà. Gravato dal senso di colpa, nei giorni seguenti cercherà la famiglia dell’uomo che vive a Melara e quindi conoscerà Marica (Serraiocco), la figlia maggiore, Marcello (Zunic), il figlio adolescente, contagiato dall’odio razziale e il piccolo Paolo (Lorenzo Buonora).
Un tema forte, come ha sottolineato il regista, «ma non è un film fazioso, non diamo giudizi sui personaggi. È imparziale. C’è un sentimento da narrare».
Al suo primo ruolo da co-protagonista Luka Zunic, scelto con i classici provini: «Sapevo di aver fatto bene, ma quando Mauro mi ha detto di avermi scelto, ero felicissimo. Sara la conoscevo già, avevo una sorta di paura per Alessandro, ma poi conoscendolo, è uno come gli altri».
Tra le varie location cittadine, per la prima volta, anche la sinagoga di Trieste ha aperto le sue porte a un set cinematografico. —
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