Gemona, i cambiamenti della montagna negli scatti di Ezio Ferrante

GEMONA. Il Canin, il campanile di Val Montanaia come non li abbiamo mai visti. Rifugi menzionati nelle guide storiche spariti dalla nostra memoria. Le fotografie scattate nella prima metà del secolo scorso da Ezio Ferrante, macellaio di professione (aveva il negozio in via Bini), alpinista e fotografo autodidatta di Gemona del Friuli, rivelano come nel tempo anche le montagne possono cambiare aspetto.
La mostra che il Comune di Gemona inaugurerà sabato 23 marzo, alle 17.30, nelle sale D’Aronco, è più di un omaggio a un cittadino che ha lasciato un segno. È una testimonianza di com’era il paesaggio friulano e non solo.
Lungo i pendii, a Gerusalemme piuttosto che a Dubrovnik, l’occhio di Ezio Ferrante sapeva guardare e cogliere i momenti più profondi, quelli che invitano l’osservatore a riflettere. Il suo sguardo è rimasto impresso nelle 44 immagini che da domani saranno esposte nella capitale del terremoto fino al 19 maggio. Si potrà visitare da martedì a domenica, dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.
Le lastre dalle dimensioni classiche, 6 per 9, e le fotografie stampate in formato 70 per 50 ci consentono di riflette sulle mutazioni urbanistiche. A iniziare dal lago di Cavazzo dove si specchia la pieve di Cesclans e dove non si intravvedere alcuna traccia della rete autostradale.
Non è da meno la crepa sul ghiacciaio del Canin che se all’epoca poteva sembrare insolita ora può essere interpretata come una possibile conseguenza dei cambiamenti climatici. Splendida pure la valle del Tagliamento ripresa da località Sant’Agnese.
Pare diversa invece la cima del campanile di Val Montanaia, che va confrontata con lo stato di fatto per trovare i punti di non ritorno. Emoziona osservare anche la costruzione della diga del Vajont, simbolo di una distruzione voluta dall’uomo.
Queste sono solo alcune tappe di un percorso emotivo quanto istruttivo. Un percorso pieno zeppo di particolari: la moto Frera parcheggiata ai piedi del Monte Plauris vuole essere solo un esempio. Era il mezzo di trasporto preferito da Ferrante che forse a malincuore, nel boom economico, la sostituì con la Lambretta.
A bordo della motocicletta Ferrante, assieme ai gemonesi Elio Pischiutti, Guerrino Crapiz, Giuseppe e Carlo Pittini, girava il Friuli. Nato nel 1893, secondo di quattro fratelli, Ferrante pur dovendo interrompere gli studi al Ginnasio per l’improvvisa morte del padre, non smise mai di leggere i classici e di documentarsi sull’evoluzione della fotografia.
Partecipò alla Grande guerra, era un alpino del battaglione Tolmezzo e si ritrovò al fronte in Val Dogna, sul Montasio, a Sella Nevea, Canin e Bila Pec prima di essere trasferito sull’Adamello. Fino alla fine dei suoi giorni (morì nel 1980), il fotografo accumulò migliaia di scatti che il figlio Antonio custodisce nella sua casa di Monticello Brianza.
«Le immagini della mostra – racconta Antonio Ferrante – costituiscono un percorso ideale nato dalla selezione di un patrimonio fotografico amplissimo, rappresentano un viaggio tra le amate montagne e la sua Gemona con una divagazione sulle vacanze».
“Il mio occhio sulla montagna”, questo il titolo della rassegna, colpirà i visitatori perché, come fa notare l’assessore alla Cultura, Flavia Virilli, «quello stesso occhio sulle montagne che Ezio Ferrante ha posto dietro all’obiettivo della sua macchina fotografica è lo sguardo privilegiato di chi ha visitato luoghi testimoniandone la mutevolezza e, al contempo, fissandone l’essenza.
Dal Monte Bianco alle Alpi Giulie, da Gerusalemme alla sua Gemona, Ferrante è stato il testimone di un’epoca lontana, che ha consegnato ai posteri gli stessi luoghi ma di cui oggi siamo in grado di percepire i cambiamenti, di coglierne lo spessore fatto di storie e genti che li hanno a loro volta attraversati e osservati».
L’assessore spiega inoltre che l’amministrazione ha fortemente voluto questa mostra per «offrire al visitatore la possibilità di interrogarsi su un secolo di storia, cogliendone sì le trasformazioni irreversibili ma rafforzando anche il legame con un passato che, grazie e questo sguardo, appare intimamente vicino».
Sabato, oltre al sindaco, Roberto Revelant, interverrà il giornalista Luciano Santin, a cui è stata affidata la prolusione. Il 12 aprile, alle 20. 30, invece, a palazzo Boton, sarà Daniela Durissini, a ripercorrere le scalate delle prime donne alpiniste. —
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