«Genio visionario, combatté la speculazione e il degrado»

Italo Zannier, padre del neorealismo in fotografia, ricorda l’amico e l’artista Marcello D'Olivo. «Se l’avessero ascoltato fino in fondo oggi il Friuli avrebbe una città ideale»

LIGNANO PINETA. «Era un uomo avventuroso, geniale e onesto, un po’ alla Savorgnan di Brazzà e a Lignano ha regalato un progetto visionario, purtroppo poi in parte disatteso». Lo storico della fotografia Italo Zannier restituisce un ricordo cristallino di Marcello D’Olivo, di cui il 24 agosto ricorrerà il venticinquesimo della scomparsa.

Lo fa tra gli alberi dalla sua bella casa di Lignano costruita al di là del fiume e ci consente di ricordare l’opera urbanistica che il grande architetto udinese realizzò a Lignano Pineta a partire dal 5 giugno 1953, quando le ruspe entrarono in azione per disegnare il tracciato della grande spirale a progressione costante su cui quella parte di Lignano insiste: la cosiddetta “chiocciola2, un tempo leggibile anche dall’alto.

«Ho seguito fin dall’inizio il lavoro di D’Olivo e divenni suo fotografo oltre che amico molto fedele. Avevamo anche amici comuni come Bruno Zevi, che stimava moltissimo D’Olivo. Altri invece non l’avevano capito e fecero ostruzionismo nei suoi confronti, definendolo, con una sfumatura peggiorativa, un artista».

Zannier, in quegli anni uno studente poco piú che ventenne, ebbe l’incarico di documentare come fotografo le fasi di costruzione della nascente “chiocciola” di Lignano Pineta e il Villaggio del Fanciullo di Trieste.

«Entrambi progetti molto coraggiosi, perché in Italia allora nessun architetto affrontava l’architettura organica di Frank Loyd Wright con quell’energia plastica. Non a caso Marcello era anche un bel pittore, che andrebbe riscoperto. Era uno che vedeva forme nello spazio con una forza direi unica».

E unica e visionaria fu la chiocciola di Lignano Pineta, che fondeva paesaggio e tracciato urbanistico in un tutt’uno con la natura: «Marcello impostò in quel modo un andamento curvilineo del tracciato stradale, che cambia completamente la visione di chi la percorre. Se si cammina in una strada dritta si vede tutto uguale, invece la curva porta a leggere il paesaggio in maniera del tutto diversa. E assieme a questo impostò delle norme che imponevano di costruire a venti metri dalla strada, non piú in alto degli alberi, non piú di due piani e cosí via. Non come adesso che tutti si creano delle siepi alte tre metri chiudendosi dentro».

A Lignano D’Olivo ebbe l’occasione di fare la sua prima esperienza in campo urbanistico, ma il suo sogno di armonizzare l’andamento curvilineo della “chiocciola” anche alla Penisola, da Sabbiadoro alla Foce del Tagliamento, venne tacciato di «formalismo distaccato dal piano urbanistico».

In un primo tempo gli venne affidato l’incarico per il piano regolatore di quella zona, ma il suo progetto venne poi considerato troppo artistico. «Devo dire che se ne andò schifato nei confronti della speculazione edilizia, rinunciando a guadagni rilevanti lasciando ad altri costruire quello che volevano, disponibili a tutto pur dell’ “argent à la guerre”. Oggi Ernest Hemingway, che in quegli anni fu testimone della nascita di Lignano dal nulla, non potrebbe piú definirla, come fece allora, la Florida d’Italia».

Se le cose fossero andate diversamente, oggi Lignano rientrerebbe nella ristretta schiera delle città ideali e in perfetta fusione con la natura secondo i parametri espressi da Wright, perché D’Olivo aveva anche un piano di sviluppo edilizio che avrebbe mostrato Lignano dal mare come uno ziggurat.

«Oggi l’uomo contemporaneo non percepisce piú la Lignano di D’Olivo. Chi non ha visto il prima non capisce. E l’idea di bellezza purtroppo è una idea epocale. Sopravvivono alcune ville: «Villa Mainardi - ricorda Zannier - di Cimolai che era una ciambella ed è una della costruzioni piú importanti del mediterraneo. È vicina alla villa Spezzotti. E poi quello che è chiamato il treno, la sequenza di cemento che taglia Lignano Pineta nel mezzo con i negozi. Oggi Lignano e la pineta vengon degradati continuamente. Vicino casa mia han tagliato ben trenta alberi. Marcello piangerà».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto