La muta del Dragone: la Cina tra crisi, trasformazione e nuove consapevolezze

Nel saggio La Cina è un’aragosta, la sinologa Giada Messetti racconta un Paese in piena trasformazione, dove convivono speranza e incertezza, sacrifici e ambizioni globali

Oscar D'Agostino
Giada Massetti è l'autrice del saggio "La Cina è un'aragosta"
Giada Massetti è l'autrice del saggio "La Cina è un'aragosta"

Provate a immaginare un’aragosta costretta ad abbandonare la sua corazza e ad aspettare che se ne formi una nuova: così è la Cina di oggi, racconta Giada Messetti nel suo nuovo saggio dedicato al Paese asiatico che sta vivendo una fase complessa di trasformazione.

La Cina è un’aragosta, pubblicato da Mondadori, è il terzo volume che la sinologa friulana (originaria di Gemona) dedica al Paese oggi al centro di un duro scontro commerciale con gli Usa di Donald Trump. «Una vera guerra, anche se combattuta in maniera diversa – racconta Giada Messetti – i dazi imposti dagli Usa sono stati vissuti come una vera e propria dichiarazione di guerra, alla quale la Cina ha risposto con altrettanti dazi e ponendosi, nei confronti dell’Occidente, come un interlocutore più affidabile di Trump».

In questo mondo che sta rapidamente evolvendosi dovremmo guardare con sempre maggiore attenzione anche alla Cina. «Fa paura ed è lontana e c’è molta ignoranza» racconta la giornalista in questo libro che sarà presentato il 10 maggio a Udine al festival vicino/lontano. Del gigante asiatico Giada Messetti parlerà anche al Capitol di Pordenone con lo spettacolo Nella testa del Dragone. Viaggio alla scoperta della Cina, in programma l’11 maggio alle 21.

«Continuiamo a parlare della Cina in maniera troppo semplificata e cerchiamo sempre la conferma delle cose che sappiamo già, ma dobbiamo uscire da questa logica».

Un interesse nato da lontano quello della sinologa friulana. «Ho scoperto la Cina grazie al Lab di Gemona, quando arrivavano cento stranieri da tutto il mondo – racconta – Dopo aver finito gli studi al Liceo Stellini di Udine, ho deciso di studiare Lingue orientali all’Università di Venezia. E lì mi sono innamorata dei caratteri cinesi. Una lingua complicata. E ho scoperto cosa non volevo fare: l’interprete.

Giada Messetti ha vissuto in Cina dal 2005 al 2011. Ha viaggiato moltissimo e ha conosciuto tantissime persone di diversa provenienza ed estrazione sociale. Da questi incontri è nato questo terzo volume, che racconta – attraverso le testimonianze di molti giovani cinesi – come il Paese si sta evolvendo.

«Noi continuiamo a guardare agli Stati Uniti ma sarà inevitabile adesso guardare alla Cina, perché possiamo andare a cercare tutti i mercati che vogliamo, dall’India al Giappone, ma 600 milioni di persone di classe media cinese sono un mercato che non è sostituibile. Gli imprenditori che lavorano in Cina dicono che va benissimo delocalizzare in India, ma lì mancano le infrastrutture come le strade ed è un problema».

Protagonisti del libro i giovani cinesi: «Volevo fare sentire la loro voce. La popolazione cinese non è una massa informe: i cinesi hanno tutti una loro opinione, che a volta è quella del partito, a volte no. In questo momento i giovani sono quelli più scontenti: i ventenni vedono per la prima volta che il futuro sarà peggiore del passato, ma non aspettiamoci una rivoluzione, hanno un altro modo di dimostrare il loro scontento. Nel libro racconto della protesta dei fogli A4 per il Covid: lì i giovani sono scesi in piazza non per le restrizioni alla libertà personale ma perché queste non garantivano più la sicurezza».

Venire a compromessi con la libertà per avere in cambio la sicurezza è una cosa difficile da comprendere in Occidente. «Anche perché in Cina fino agli Anni Settanta si moriva di fame, il Paese arriva da un Novecento disastroso in cui i cinesi hanno sofferto moltissimo. Sono dei terremotati da un certo punto di vista. I cinesi non hanno i luoghi dell’infanzia, perché hanno costruito e distrutto tutto».

Un Paese in fase di muta. «La società è attraversata da tanti fenomeni: la forte sfiducia giovanile che in qualche modo dovrà essere risolta; le richieste delle donne che hanno una nuova consapevolezza, molto forte, ovunque, sia nelle città che nei luoghi rurali; il numero sempre maggiore di anziani, sono la generazione che si è sacrificata e che ha trasformato la Cina nella seconda potenza industriale e che adesso sono tanti anche per colpa della politica del figlio unico che ha ridotto le nascite per 40 anni».

Un Paese che ha visto una crescita urbanistica pazzesca. «Nel giro di 40 anni si è passati da un Paese a maggioranza rurale a un territorio a maggioranza urbana. C’è una forte immigrazione interna: i lavoratori migranti, che arrivano dalle campagne e hanno costruito le città, continuano a essere cittadini di serie B, perché esiste il sistema degli hukou che sono legati al tuo luogo di origine: se sei a Pechino e vieni dalla campagna sei quasi come un immigrato in Italia: ti mancano molti diritti».

E un Paese che ha affrontato e risolto alcune emergenze come quella climatica. «La Cina rimane il più grande inquinatore del mondo ma è anche il Paese che sta investendo di più su questo problema che è stato sollevato dalla popolazione. Oggi Pechino è cambiata, il cielo è azzurro: hanno spostato fuori le fabbriche, sostituito tutte le auto che ora sono elettriche. E lo hanno fatto in 15 anni. La salute è uno dei temi su cui i cinesi si arrabbiano, come la sicurezza, la stabilità e il cibo».

«Vediamo sempre la Cina come un attore geopolitico e non riusciamo mai a fare uscire la complessità del Paese – conclude Giada Messetti – ma esistono le persone, esiste un popolo che negli ultimi 60 anni ha lottato per emergere come una grande potenza».

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