I giorni del mio abbandono: Gaia Saitta porta a Udine lo spettacolo tratto dal romanzo di Elena Ferrante

La regista racconta l’esibizione da giovedì 6 marzo al Teatrone: «Una storia che rispecchia tante situazioni femminili»

Lo spettacolo da giovedì 6 marzo a Teatrone
Lo spettacolo da giovedì 6 marzo a Teatrone

Tre recite all’insegna del tutto esaurito hanno accolto lo scorso week end al Teatro Studio Melato di Milano Les Jours de mon Abandon/ I giorni del mio abbandono, lo spettacolo tratto dal romanzo omonimo di Elena Ferrante, portato in scena dall’attrice regista e drammaturga Gaia Saitta. Lo spettacolo, una coproduzione internazionale che vede tra i produttori anche il CSS oltre che il Piccolo Teatro di Milano e altri teatri europei, sarà al Palamostre di Udine da giovedì 6 all’8 marzo alle 20.30 per la stagione di Teatro Contatto e Itinerari nel teatro contemporaneo una proposta condivisa tra Css e Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine.

I giorni dell’abbandono sono quelli che Olga, la protagonista vive da quando il marito l’ha lasciata per una donna più giovane. Ma l’abbandono più feroce, quello che si fa teatro, parola che che diventa azione è quello che Olga vive dentro di se’: si abbandona cioè a un incontrollato flusso di rabbia disperazione violenza, che è uno sprofondo in se’e nella sua storia di donna che ha dedicato tutta se stessa al marito alla famiglia alla casa a quanto di patriarcale ancora la società chiede alla donna.

Un precipitare ai limiti della follia che stravolge la sua quotidianità, quella dei suoi due figli, attoniti ma anche ingenui e solari testimoni (interpretati da da Jayson Batut e Flavie Dachy) e del cane Vitesse in un percorso che sarà però di dolorosa consapevolezza.

«Il libro della Ferrante – spiega Gaia Saitta – mi si è imposto per la forza teatrale corporea delle parole che hanno un potere performativo molto forte. Anche se non racconto tutto l’arco narrativo del romanzo, ne ho preso il cuore ossia il movimento della caduta, il come questa donna reagisce al fatto che lei senza il suo statuto di moglie e madre, senza le aspettative sociali che questo comporranno non esiste».

Nello spettacolo la fisicità della protagonista, il suo corpo hanno un ruolo fondamentale.

«Perché la relazione fisica con le parole di Ferrante è stata per me determinante, parole che mi hanno messo un tremore da cui ho cercato di prendere le distanze, perché Olga è una donna volgare, sgradevole, indesiderabile che alla fine mi si è imposta e mi è sembrata interessante da portare in scena, in quanto la sua, nonostante tutto, è una forma di emancipazione, che è poi in fondo la forza di questo lavoro, che rispecchia anche tante irrisolte e drammatiche situazioni femminili oggi».

Il finale che non sveliamo perché è un bellissimo e spiazzante colpo di teatro, però certifica un approdo a consapevolezza che coinvolge anche il pubblico e che getta una luce più umana più rassicurante, se così posso dire, su tutto il racconto.

«È infatti ho cercato proprio di trattare questo abbandono così estremo in certi momenti come qualcosa di positivo, e che l’attraversare il dolore il patetico la disgrazia abbia una sua forma di conoscenza che serve per crescere, emanciparsi andare avanti...».

Nello spettacolo ci sono alcuni momenti, come la telefonata al marito, che per intensità ricorda quella storica de La voce umana di Cocteau, e come la scena in cui i due piccoli giocano a fare papà e mamma che sbaruffano, che nel romanzo non compaiono.

«Il romanzo è un lungo monologo, e mi servivano degli espediente per metterlo in azione per cui misono inventate queste drammatizzazioni, per raccontare anche altri personaggi, in particolare quello del marito che io volutamente ho espugnato dallo spettacolo».

Spettacolo che, avendolo visto a Milano, posso garantire che, mi permetto di dire, deve essere visto e goduto, tante sono le sollecitazioni che offre e sul piano dei contenuti e su quello della rappresentazione scenica molto originale e accattivante. Oggi, mercoledì 5 marzo, alle ore 18 alla Biblioteca Civica Vincenzo Joppi, Gaia Saitta dialoga con la co-direttrice artistica CssRita Maffei (ingresso libero) e venerdì 7 marzo al termine dello spettacolo incontrerà il pubblico. 

 

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