Gli esami fanno sempre paura, ma possono aiutarci a crescere

Nella Grecia antica il passaggio dall’infanzia all’età adulta era scandito da prove. Tutto ciò che impaurisce e spiazza ci costringe a fare i conti con noi stessi
La studentessa Martina Baeli durante l'esame di maturità presso la scuola liceo classico e musicale Tassoni. Torino 17 giugno 2020 ANSA/TINO ROMANO
La studentessa Martina Baeli durante l'esame di maturità presso la scuola liceo classico e musicale Tassoni. Torino 17 giugno 2020 ANSA/TINO ROMANO

Due sono i sogni che spesso ci accompagnano a lungo, nel corso della vita: il sogno che ci immagina capaci di volare e il sogno che ci ricatapulta nell’ansia da prestazione – se non nel panico puro – dei nostri esami di maturità.

Curioso: si direbbero antitetici.

Senza scomodare Freud o Jung, il sogno del volo ci libra in una dimensione di ideale libertà spaziotemporale, svincolata dalla forza di gravità quanto dal peso di ruoli, convenzioni e doveri quotidiani.

Il sogno dell’esame, al contrario, sembra ricondurci al ricordo – o alla paura – del giudizio altrui, trasformandoci d’un tratto in una versione fragile e vulnerabile di noi stessi.

Eccoci di nuovo ragazzi o ragazze, ecco resuscitato il rituale di passaggio che ci dichiarerà abili o inabili al nostro ingresso nel mondo adulto. Ecco rivivere, nel sogno o nella memoria, il formale atto di transizione che dichiarerà chiusa la nostra adolescenza, per promuoverci cittadini del mondo adulto.

Perché ogni esame è, per sua natura, un rituale di soglia: indica il superamento di una fase e sancisce la ridefinizione della nostra identità – biologica, sociale, culturale, sessuale –, durante le tappe più significative della vita.

Nella Grecia antica, il passaggio dall’infanzia all’età della consapevolezza era scandita da prove che comportavano spesso l’allontanamento dalla propria famiglia e dalla quotidianità, per affrontare funzioni e compiti nuovi. Come dire: prove generali per l’assunzione del proprio ruolo di cittadini attivi per i maschi, di mogli e madri per le femmine.

Classico è l’esempio della krypteia, il rituale cui era sottoposto l’adolescente spartano appartenente al ceto dominante degli Spartiati, costretto – dopo una fase di addestramento – a vivere solo in un ambiente ostile, come la foresta, uccidendo il suo primo nemico e procurandosi autonomamente il cibo necessario alla sopravvivenza.

Che cos’ha in comune l’esame di maturità affrontabile in un’aula scolastica con un rito di passaggio consumabile in una foresta del Peloponneso? Forse più di quanto si creda.

Ad esempio: l’ansia e l’arte di superarla. L’opportunità – se non la necessità – di mettersi in gioco. Il corpo a corpo con sfide inedite e l’affinamento delle strategie necessarie a vincerle. L’uscita dalla propria comfort-zone per affrontare compiti e ostacoli nuovi – fisici o culturali che siano –, uscendone più sicuri di se stessi e delle proprie potenzialità. La conquista di nuove consapevolezze, anche attraverso il confronto con la paura del giudizio altrui.

Gli esami fanno paura. Spiazzano. Disorientano. Creano ansia. Rimettono in gioco gli equilibri e le capacità personali. A volte gratificano, altre deludono.

Ma come tutto quello che impaurisce, spiazza, disorienta, genera ansia e modifica equilibri, possono aiutare a crescere. Perché costringono a fare i conti con se stessi.

Ogni anno, alla fine del primo quadrimestre, si scatena il toto-esame.

Ogni anno, già nel cuore dell’inverno, il desiderio di prevedere le tracce per lo svolgimento della prima prova scritta dell’Esame di Stato istiga una vera propria caccia agli anniversari: anniversary storici, letterari, artistici a cui il Miur potrebbe ispirarsi per l’elaborazione delle prove.

Questo, tuttavia, è un anno eccezionale. Superfluo dire di più. Eccezionale è dunque anche l’Esame di Stato in corso.

Ma per quanto mutilato di alcune sue componenti, per quanto parzialmente svuotato del suo assetto consueto, agli occhi degli studenti questo esame conta. Ci tengono, ad arrivare all’appuntamento nel migliore dei modi.

Ognuno secondo il proprio stile. Chi nascondendo l’ansia dietro un look impeccabilmente serioso. Chi ripassando fino all’istante prima. Chi abbondando con i congiuntivi. Chi ma vada come deve andare. Chi portandosi dietro la claque e chi guai a voi se osate venirmi a sentire. Chi ho studiato da sfinimento, e guarda tu: mi ha chiesto l’unica cosa che non sapevo.

Quest’anno l’esame di Maturità sarà diverso, dettato da un’emergenza inedita.

Ma per i nostri ragazzi e le nostre ragazze l’ansia sarà probabilmente la stessa, solo forse acuita dal lungo periodo di scollamento fra noi e la realtà, dalle nuove fragilità indotte da un lungo tempo sospeso e disarmato.

È ai ragazzi che deve andare il nostro augurio, oggi: date il meglio di quanto potete dare.

Impegnatevi a diventare la più bella versione di voi stessi.

E preparatevi a vivere la vita incidendovi un segno con la vostra presenza, il vostro pensiero e la vostra azione. Consapevolmente.

“Non far passare un giorno senza segni. A qualcuno i tuoi segni serviranno”. Sono parole dello scrittore Elias Canetti. E a me sembrano il miglior augurio per il vostro futuro.

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