Tra guerra e Ventennio: gli anni difficili raccontati nel nuovo libro di Edi Fabris

La presentazione del volume mercoledì 16 aprile alla biblioteca Joppi di Udine. L’autore si è ispirato alle vicende dei nonni paterni

Fabiana Dallavalle

Ci sono uomini e donne a cui il destino riserva vite che sembrano uscite da un romanzo e si intrecciano alla Storia rivelandone spesso gli aspetti più avventurosi, incredibili, dolorosi. Edi Fabris, già autore di ben undici libri, presenta mercoledì 16 aprile alle 18, alla Biblioteca civica “Vincenzo Joppi” – Sala Tito Maniacco di Udine, “Anni difficili. Vite vissute tra Irredentismo, Grande Guerra e Ventennio”. A dialogare con l’autore, il vicedirettore del Messaggero Veneto, Paolo Mosanghini.

«Mi sono ispirato alle avventurose vicende dell’epoca dei miei due nonni paterni, anticipa Fabris, soprattutto quello che è in copertina. Anche se ho romanzato la storia, le vicende sono abbastanza conformi alla realtà. La mia famiglia paterna è originaria di Gradisca di Isonzo. Nell’Ottocento e fino alla Prima guerra mondiale Gradisca era sotto l’amministrazione asburgica. Il padre di mio nonno, quello che figura in copertina, era un irredentista. Il bisnonno venne gettato dal ponte sull’Isonzo a Gradisca e morì».

«Il figlio, Giulio Cesare Brinis, per non vestire la divisa asburgica andò a Firenze dove scriveva per “La voce”. Era un giornalista. Al suo ritorno, alla fine della Guerra, con l’avvento del fascismo, comincia a scrivere contro la dittatura. Per questo veniva picchiato e perseguitato. A un certo punto decide di emigrare in Argentina, lasciando a casa moglie e tre figli, uno dei quali mio padre. Rimane lontano quattro o cinque anni. Quando ritorna ammalato muore di tubercolosi a soli quarantadue anni».

Esistenze che poco per volta s’intersecano in scenari storicamente drammatici tra fine ’800 e anni ’30, nel Friuli asburgico, con l’irredentismo ad assumere una valenza significativa, «Sull’altro fronte c’è mio nonno Luigi “il ragazzo del “99”, fra i pochi sopravvissuti nella battaglia sul Piave del novembre 1917. Due vicende umane che mi hanno emozionato, entusiasmato che ho voluto approfondire attraverso il libro».

Intorno a essi anche figure femminili di rilievo, come Clotilde, la fidanzatina fiorentina di Giulio, e Mercedes, che lui sposerà nel 1919 a Cormòns al suo ritorno in patria e che poi lascerà in Italia con i tre figli per farsi esule antifascista in Argentina nel 1927, e Veronica, con cui Luigi, ferroviere di San Giovanni al Natisone, formerà invece una famiglia tranquilla, al di fuori da coinvolgimenti politici ma non immune da momenti difficili.

Un libro che racconta eventi tragici e ricorda i valori di uomini e donne che cercarono di agire sempre con verità e limpidezza, in epoche storiche molto contrastate. «Il collegamento con la nostra epoca è visibile. Oggi gli interessi personali di chi è al potere sovrastano quelli delle popolazioni come al tempo della Grande guerra, quando Cadorna mandava al macello i soldati ma lui se ne stava al caldo». 

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