Handke, il Nobel che difese Miloševic: l’atto d’accusa di Neziraj allo scrittore
In scena l’opera del drammaturgo kosovaro. Tra gli attori l’italiano Klaus Martini: «Ancora oggi odio e tanta paura»

Nel 2019 lo scrittore austriaco Peter Handke fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura. E subito si riaccesero le polemiche su questo scrittore che era arrivato a negare i crimini di guerra nell’ex-Jugoslavia e aveva preso le difese di Milošević, partecipando anche al suo funerale. La questione era se fosse giusto insignire di un premio così prestigioso un autore che aveva dimostrato poca o nulla sensibilità per fatti contrari alla dignità umana?
Attorno a questa domanda e al doppio volto di Handke, da una parte grande scrittore dall’altra irriducibile negazionista, ruota “Handke Project or Justice for Peter’s Stupidities”, uno spettacolo multinazionale scritto del drammaturgo kosovaro Jeton Neziraj, diretto da Berta Neziraj che riunisce sei attori da Kosovo, Bosnia ed Erzegovina, Italia e Germania.
A raccontarci lo spettacolo che arriva questa sera (sabat 23 luglio) alle 20.45 al Teatro Ristori, uno degli interpreti, il giovane attore italo-albanese Klaus Martini.
«Come detto – racconta Martini – il progetto affronta la figura di Peter Handke e si interroga sulla sua vicinanza a Milošević e più in generale alla Serbia post-titina. Ciò che ha mosso all’inizio Neziraj è stata l’assegnazione del Nobel a un autore che era arrivato a sostenere che la strage di Srebrenica non era accaduta. E per chi come Neziraj i fatti accaduti in quei territori hanno ancora un peso molto forte e sono ferite aperte, non è ammissibile prescindere dai valori umani ed etici, anche se si tratta di un grande scrittore. Perché alla libertà d’espressione deve accompagnarsi un profondo etico senso della responsabilità. Figure autorevoli, come Handke, non possono abusare della loro posizione per fini politici o peggio propagandistici. E lo spettacolo, pur con un andamento non meramente di denuncia, ma a tratti con ironia sarcasmo e anche con punte surreali, prende una posizione molto forte e diretta: il Nobel ad Handke è un atto eticamente e moralmente scorretto rispetto a persone che in quella guerra hanno perso vite, affetti e cose. Infine Naziraj si chiede cosa succederebbe se oggi si premiassero personalità vicine a Putin o ai suoi generali».
In una scenografia molto scarna, un lungo tappeto grigio che si innalza verso il fondo, con un parallelepipedo, che è panca e bara...
«Lo spettacolo si struttura per quadri con diversi registri espressivi, per cui si passa dall’interpretazione in prima persona, ad esempio Handke è interpretato a turno da tutti e sei gli attori, a momenti di pura narrazione in terza persona».
Nel copione c’è anche il personaggio di un attore serbo che si rifiuta di lavorare nello spettacolo.
«Si è vero, questo è accaduto: ben tre attori serbi hanno rifiutato di parteciparvi, probabilmente per timore di ritorsioni e del resto l’accoglienza a Belgrado, dove l’abbiamo replicato per due volte è stata discretamente positiva quella del pubblico, ma molto fredda quella della critica. Con molti giornali che hanno criticato duramente il lavoro. C’è stato poi il caso dell’attore Arben Bajraktaraj molto popolare in tutti i Balcani al punto da essere fermato per strada, grazie alla serie tv Besa, che dopo lo spettacolo diversi tabloidi hanno apostrofato con frasi tipo, “con che diritto questo albanese viene a parlare male del nostro amato Handke”. Oppure “chi sono questo artisti per dirci cosa sono stati i crimini di guerra?”.
Perché le tensioni nei Balcani sono lontane da essere ricomposte, in particolare quella tra Kossovo e Serbia?
«Anche se, ha detto recentemente il regista Naziraj in un’intervista, sempre più persone stanno iniziando a rendersi conto che il loro nemico non sono i serbi o gli albanesi, ma la classe politica corrotta, i nazionalisti e gli ex signori della guerra, che per preservare i privilegi, alimentano l’odio e la paura».
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