Da Hong Kong con furore: il Gelso d’oro alla carriera al regista Tsui Hark

Produttore e attore, è lo Steven Spielberg dell’Asia. A consegnare il premio sarà l’attore Tony Leung Ka-Fai

Gian Paolo Polesini
Il regista e produttore Tsui Hark arriverà a Udine per il Feff
Il regista e produttore Tsui Hark arriverà a Udine per il Feff

La rivelazione è avvenuta durante il cammino laico di avvicinamento al capitolo ventisettesimo del “Far East Film Festival”, compatto avamposto europeo della cinematografia asiatica: dal 24 aprile al 2 maggio al Giovanni da Udine e al Visionario, a Udine, settantacinque pellicole inviate in Friuli da undici Paesi dell’Estremo Oriente.

Questo il popolo fareastiano lo sa: è preparato e pronto all’ingorgo filmico di settimana prossima.

Ciò che invece hanno svelato martedì 15 aprile Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche, fulcri insostituibili della rassegna lanciata alla fine dei Novanta, appartiene alla già appassionata umanità asiatica fra poco in ordinatissima coda sulle scalette di Jumbo intercontinentali per raggiungere in orario le poltroncine rosse degli incontri popolari di via Trento.

Alla truppa s’è aggiunto un nome, peraltro piuttosto altisonante. Il rumore è lo stesso identico di un grosso gong appena colpito: si tratta dello Steven Spielberg di Hong Kong, l’onorevole signor Tsui Hark, quintessenza della settima arte, regista, produttore nonché guida spirituale di una generazione di cineasti dell’isola cinese.

Magari a molti il cognome non farà lo stesso effetto di un Ford Coppola qualunque, ecco, ma sarebbe bene imparare a conoscere gli Dei di altri luoghi, altrettanto potenti e ricoperti di gloria al pari se non di più dei colleghi statunitensi.

Il Feff oltre a offrire prodotti qualitativamente avanzati, assicura da quasi un trentennio un dialogo con la Cina e con le sue consorelle in costante metamorfosi politica, economica e sociale, soprattutto. Pensate solamente ai primi film rurali cinesi del Duemila, oramai surclassati da produzioni che a Hollywood manco ci pensano più tanto sono lontani dai loro budget.

Mister Tsui, per dare un riferimento certo, salirà sul palcoscenico del Nuovo mercoledì 30, il giorno prima dell’altro “Gelso alla carriera” a Sylvia Chang, che molti ricorderanno in “Shanghai Blues”.

A consegnare il simbolo del Far East al maestro hongkonghese sarà Tony Leung Ka-Fai, pilastro dell’industria del più vasto dei Continenti: i più attenti lo affiancheranno a un titolo occidentale dal fascino esotico ed erotico: “L’Amante” di Jean Jaques Annaud.

Con pochi colpi ben assestati si può facilmente ricostruire la carriera di un’icona che dalla fine degli Ottanta agli anni Venti del Terzo Millennio non ha mai smesso di rendere carismatico ogni suo passo nel cinema. Tsui è stato uno dei principali attivisti e sostenitori della New Wave di Hong Kong, un movimento che traeva linfa dagli stereotipi occidentali.

Con i suoi titoli si potrebbe riempire un hangar, diciamo dal primo fantasy wuxia (un genere letterario che narra perlopiù di eroi marziali con abilità straordinarie) “The Gold Dagger Romance” del 1978 correndo veloci fino all’ultima produzione Hark, ovvero “Legends of the Condor Heroes: The Gallants”, una perfetta fusione fra fantasy, azione e romanticismo, che poi rappresenta la nuova corrente orientale. Del regista culto il feff proietterà anche “Green Snake”, destinato alla retrospettiva 2025 dedicata, appunto, alle creature leggendarie del cinematografo asiatico.

A rafforzare la sua predisposizione alla tensione scenica, ha contribuito non poco il suo periodo statunitense con due opere datate 1997 e 1998: “Double Team — Gioco di squadra”, con Jean Claude Van Damme e Mickey Rourke nonché “Hong Kong colpo su colpo”, un thriller sempre con Van Damme e con Rob Schneider. Ciò gli consentì di tornare in Patria esibendo a ragione le credenziali giuste per proseguire dalla cima dell’Olimpo le sue battaglie cinematografiche.

Ed è così che cominciarono le collaborazioni fra l’ex colonia britannica e la Columbia Picture, in quella fase della storia favorevole agli scambi commerciali fra superpotenze. E qui ci sta tutta la citazione a John Woo, il cantonese che diresse “Mission Impossible 2” negli Usa con gran piglio action dando una bella lezione ai mangiatori di hamburger.

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