I 70 anni di De Gregori attraverso le tante donne dei suoi grandi successi

Piero Negri
Sappiamo come Francesco De Gregori ha trascorso la settimana che ha portato al suo settantesimo compleanno, sbirciando la sua pagina Facebook. Suona, prova per i concerti che a novembre dovrebbero riportarlo nei club. Sul leggio ha una copia di “I testi - La storia delle canzoni”, il libro curato da Enrico Deregibus che raccoglie, appunto, tutti i testi delle sue canzoni e che usa per prendere appunti.
Il Principe (il nomignolo l’ha inventato Lucio Dalla, pare che non sia campato in aria; ci sono tracce di De Gregori aristocratici a Ivrea e Vercelli, dove esiste un corso Gaspare De Gregori, autore dell’“Istoria della Vercellese Letteratura et Arti”) tocca i 70 anni il giorno di Pasqua. È nato a Roma il 4 aprile 1951, figlio di Rita Grechi, insegnante di lettere, e di Giorgio, bibliotecario figlio di bibliotecario. Francesco - la storia è nota - porta il nome dello zio ufficiale degli Alpini, partigiano della Brigata Osoppo in Friuli Venezia Giulia, ucciso a Porzûs nel 1945 come Guido Pasolini, fratello minore di Pier Paolo da partigiani comunisti alleati con gli sloveni.
Il Principe non intende parlare del compleanno(«ma se proprio qualcuno volesse sapere come festeggerò, sappia che passerò la domenica a risistemare la pavimentazione della mia casa in Umbria»), più per vezzo scaramantico che per un antico desiderio di distacco, ampiamente superato negli anni: «Dimostra oggi una spiccata serenità che poi corrisponde di più alla sua vera natura», conferma Deregibus, che su De Gregori è la massima autorità, avendo scritto due libri, “Mi puoi leggere fino a tardi”, una classica biografia, e quello dei testi commentati, entrambi editi da Giunti, per un totale di più di 700 pagine a stampa.
Con Deregibus ci ritroviamo presto a parlare di donne, chiave d’accesso un po’ misteriosa ma decisiva per entrare nel modo di De Gregori: “Alice”, la venere di “Rimmel”, “La donna cannone”... «C’è sempre un alone di mistero, di irrazionale nei suoi personaggi femminili. Un’insondabilità che è un filo conduttore nelle sue canzoni».
La biografia in questo caso aiuta poco, perché De Gregori è sposato dal 1978 con Alessandra Gobbi detta Chicca, conosciuta sui banchi di scuola, con cui tre anni fa ha cantato “Anema e core” e poi è andato in tournée. E lei - ha raccontato lui stesso - faceva «i coretti su “Rimmel”, una canzone che ho scritto quando Chicca ancora non stava con me, cosa questa che l’ha divertita ancora di più».
La ragazza che nella foto sorrideva e non guardava, quella su cui il vento passava, ma solo sul collo di pelliccia (Rimmel, appunto), non è lei. È però la stessa di “Buonanotte fiorellino”, su cui sappiamo qualcosa di più: la canzone fu scritta in Sardegna, quando De Gregori era al lavoro con Fabrizio De André, e quindi risale all’inverno del ’74. È una canzone d’addio, proprio come “Rimmel”. Gli appassionati non amano scavare troppo nell’intimità del maestro, ma cercando in rete si trova con una certa fatica un nome, Patrizia, e una specie di gossip: pare che lei abbia lasciato il giovane cantautore per uno dei Gatti di Vicolo Miracoli. Anche lei frequentava il Folkstudio, il locale dove De Gregori si è formato, pare che purtroppo sia morta da una ventina d’anni.
«Va detto – interviene Deregibus – che anche le canzoni più autobiografiche non è che lo siano fino in fondo e quelle che parlano d’altro inevitabilmente lo sono».
Un esempio? «In “Alice” ci sono tanti personaggi, molti femminili, l’Alice del titolo, probabilmente quella nel “Paese delle meraviglie”, Lili Marleen che forse è Marlene Dietrich, Irene al quarto piano protagonista di un’altra canzone dello stesso album, la donna che Cesare (Pavese?) aspetta da sei ore sotto la pioggia. Ma l’unico tratto autobiografico è nelle parole dello sposo, “Ma io non ci sto più”, che rappresenta la diffidenza con cui vedeva l’industria discografica in quel periodo. È lui quello che non vuole sposarsi e che gli altri ritengono un pazzo, o ubriaco. Di donne vere, reali, nelle sue canzoni ce n’è una: Caterina Bueno, la protagonista di “Caterina”, una donna “stupenda, in tutti i sensi”, come l’ha definita De Gregori. Per lei lui suonò la chitarra quando aveva vent’anni, in qualche modo innamorandosene. Se n’è andata nel 2007 e ora lui non canta più “per poterti conquistare”», ma «per poterti ricordare».
“Mimì sarà”? Non parla forse Mia Martini? «No. Ma forse sì. Anzi no. Lui ha raccontato di aver visto un giorno a Roma, dalle parti di Ponte Milvio una donna che poteva essere Mia Martini che teneva una bambina per mano. Probabilmente non era lei, ma lui comunque pensò a lei e lei, Mimì, pensava che la canzone fosse stata scritta per lei. Era lei o no?».
E La donna cannone? La butto lì: è lui stesso, il cantautore, che sogna di mollare tutto e andarsene, lasciare il circo. Deregibus: «Perché no? Chi non sogna di cambiare vita? Sappiamo per certo che l’idea nacque dalla lettura di un trafiletto su un giornale: la donna cannone se ne va e manda in crisi il circo. Come spesso succede con De Gregori, qui ognuno può trovare quello che vuole, ognuno si fa il suo film, in base alla propria sensibilità, al proprio vissuto, alla propria fantasia».—
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