I cent’anni di Rina Micon, la traduttrice che ci ha raccontato Ernest Hemingway

Ti siedi accanto a Ernest Hemingway per un'oretta. Gli fai da interprete essendo poliglotta e parli correttamente inglese, francese e tedesco.Tutt'attorno ci sono i giovani scalpitanti della cultura udinese anni Cinquanta, la “nouvelle vague”, come si diceva una volta. E c'è anche il mitico Tino da Udine che fotografa e riprende tutto. Così Rina Micon, una donna di 34 anni, raffinata e sorridente, entra nella storia della città perché da allora sarà per tutti, e per i suoi allievi in particolare, “la signora che ci raccontò Hemingway”.
La scena, fondamentale nel narrare la Dolce vita udinese di allora, è diventata una sorta di icona, di immagine da culto perché, attorno al grande scrittore americano, reduce da due gravi incidenti aerei in Africa e fermatosi a Udine per una sosta mentre era diretto verso la villa dei Kechler a Percoto, si era riunita una parte cospicua della “Meglio gioventù” di allora, per quanto riguarda soprattutto il mondo del giornalismo e dell'architettura (c'erano per esempio Gino e Nani Valle, Aldo Bernardis, Piero Fortuna, Carlo Scarsini, Vittorino Meloni, Isi Benini). E tra loro spunta Adamo De Simon, il fidatissimo autista friulano di Ernest che, dopo anni di viaggi e scorribande in giro per l'Europa, tornò a Udine e aprì un'agenzia di pompe funebri in Chiavris. Fu lui quel giorno a condurre lo scrittore (che pochi mesi dopo vinse il Nobel) nell'albergo Friuli di piazza XX settembre regalandoci uno sprazzo straordinario di leggenda cittadina.
Ricordi, sorrisi, aneddoti da far riemergere adesso perché la professoressa Rina Micon, che quel giorno aveva accanto anche la sorella Carmen, pittrice, sta vivendo un altro momento significativo della sua bellissima esistenza.
Oggi compie cento anni e dall'alto di questa eccezionale età può donarci un racconto unico sul Novecento udinese, che lei ha attraversato da donna colta, intelligente, dinamica, aperta al mondo e alle sue curiosità infinite. Sarà festeggiata con un pranzo alla Casa della Contadinanza, attorniata dalla figlia Isabella e da parenti, amici, ex allievi, in una situazione da “amarcord” che abbraccerà tanti aspetti, che qui riepiloghiamo, in quanto la storia di Rina è un vero romanzo.
Papà Cesare Micon era di Palmanova, discendente di una famiglia che era stata tra le fondatrici della fortezza. La mamma era Teresa Ligugnana, con origini portogruaresi, e la nonna Virginia era rampolla della famosa dinastia dei Querini Stampalia, centrale nella storia veneziana (tra dogi e altre imprese, come il fatto che un antenato, Pietro, fu colui che importò il baccalà dalla Norvegia dopo un naufragio). Rina è cresciuta tra gli artisti: mamma Teresina creava arazzi, tappeti, coperte, bambole e aveva un negozio di mercerie in via Gemona. Papà Cesare, ebanista e disegnatore, insegnava alla Scuola d'arti e mestieri e suonava più strumenti. La sorella Carmen era pittrice e ceramista. Dopo le superiori all'Uccellis, Rina si iscrisse a Ca' Foscari per studiare tedesco e francese e, dopo un periodo a Monaco di Baviera e lo scoppio della guerra, si trasferì a Napoli per laurearsi. Cominciò poi la sua carriera da insegnante prima al Malignani, alla media Crispi e in seguito soprattutto all'istituto Zanon per una decina di anni in una prima fase e, trascorso un breve periodo a Bolzano, ancora dal 1965 al 1981, avendo avuto la cattedra di francese, e fino alla pensione. Tanti i ricordi che emergono tra i suoi numerosi allievi, come la signora Giuliana Linda Pozzo, che rievoca così la professoressa: “Sempre elegante, sobria e curata nei minimi dettagli, Rina si distingueva dalle altre (poche) insegnanti donne di allora che, in un ambiente molto maschilista, indossavano solitamente il grembiule nero. Pur essendo minuta, sapeva incutere rispetto parlando con un filo di voce. Esprimeva un forte carattere per lo spessore culturale e per una personalità pur riservata e controllata. Stimata e considerata da presidi e colleghi, era certamente una delle migliori insegnanti di Udine”.
Rina si sposò nel 1957 con l'ingegner Gianfranco Torossi (che, esponente del Psi, fu anche assessore comunale accanto al sindaco Candolini) e dal loro matrimonio è nata Isabella, che ha organizzato adesso la festa, un po' a sorpresa, per la sua meravigliosa mamma.
Tutti in coro possiamo esprimere allora un gigantesco, riconoscente e affettuoso: “Auguri Rina!”. Grazie per averci anche donato, assieme agli protagonisti di quel venerdì 9 aprile 1954, un piccolo grande cammeo, fatto di gente sorridente in una Udine che si lasciava alle spalle cicatrici e miserie post guerra, in un'evidente atmosfera di festa semplice e sincera, intelligente e fervida. Rina era lì, per raccontarci ancora adesso cosa accadde. —
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