Il bandito che sognava il mare nel romanzo di Michele Marziani
Un libro di avventura e di frontiera che si muove tra la durezza della montagna e il sogno del mare, tra la leggenda e la modernità, tra il desiderio di libertà e il peso delle proprie origini

È in libreria il nuovo romanzo di Michele Marziani “Il bandito” (Bottega Errante Edizioni), un romanzo d’avventura e di frontiera che si muove tra la durezza della montagna e il sogno del mare, tra la leggenda e la modernità, tra il desiderio di libertà e il peso delle proprie origini.
Siamo a inizio Novecento, la guerra non ha ancora investito l’Italia, ma qualcosa sta cambiando: nelle montagne della Valsesia e della Valle d’Aosta si diffonde la voce del ritorno di Pietro il Bandito. Insieme a lui, un gruppo di personaggi fuori dal comune: un poeta, una fotografa, un giornalista socialista e perfino un pellerossa licenziatosi dal circo di Buffalo Bill.
“Il bandito” è un romanzo che prende spunto da un personaggio realmente esistito: «La storia di Pietro nasce da una suggestione storica: alla fine dell’Ottocento c’era un famoso bandito in Valsesia, Il Bangher, arrestato nel 1900 e poi rimpatriato in Austria nel 1910. Da allora, di lui non si seppe più nulla. In questo “non si seppe più nulla” si muove il mio romanzo, che è totalmente inventato».
Come ogni bandito, anche Pietro si muove sul confine tra criminalità e leggenda: «Raccontare storie è proprio questo: camminare sul margine, pescare le parole tra la turpitudine della vita e la leggenda del sogno letterario, sapendo che vivere è stare un po’ nella durezza del mondo e un po’ nella morbidezza del desiderio, specie se questo desiderio appare impossibile. È l’utopia di riuscire a essere buoni e cattivi insieme, senza vergognarsene. Pietro è un personaggio in bilico tra il mondo reale e un’utopia quasi mitologica. Sogna una nave e una libertà che lassù, tra le sue montagne, non comprendono» spiega Marziani.
Nel “Il bandito” troviamo anche un indiano d’America: «Avevo studiato il passaggio del circo di Buffalo Bill in Italia e scoperto che alcuni Sioux si erano licenziati perché non venivano pagati. Ho immaginato che uno di loro, dopo aver vissuto in Europa, avesse deciso di mettersi in viaggio verso il Monte Rosa, affascinato dalle montagne che si vedono dal Duomo di Milano. All’epoca ci si muoveva quasi sempre a piedi. Era normale».
Il romanzo ci fa viaggiare tra le Alpi Orientali, la Valsesia, la Valle d’Aosta e Livorno. Uno degli aspetti curiosi de “Il bandito” è che in questo romanzo di montagna c’è tanto mare: «Per Pietro il bandito, cresciuto tra le Alpi, il mare è il simbolo della libertà. L’ha visto per la prima volta dalla colonia penale di Pianosa, dove ha imparato a leggere e scrivere grazie a una maestra. Il corsaro nero è diventato il suo mito. Portare con sé un libro e un piccolo rapace è il suo modo di affrontare la vita. Perché a volte con gli esseri umani non è facile capirsi. Meglio uno sparviero»
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