Il diario di guerra di Ina Battistella, la crocerossina con il fucile

Martina Delpiccolo

«Patrio amore, animosa pietà, nelle ardue opere di bene, prodigò inesausta Ina Battistella (1889-1928) in questa sua casa e negli ospedali di guerra». La lapide, all’angolo di via Percoto e via Ciconi, a Udine, fu posta nel 1930, distrutta col fabbricato nel ’44 e ricollocata dieci anni dopo. A svelare cosa ci sia dietro quelle parole celebrative, quale storia e anima di donna, quale contesto storico e cittadino, è il primo volume della collana “Donne in guerra” di Gaspari (che sarà presentato oggi alle 18, alla Biblioteca Joppi).

Protagonista La crocerossina con il fucile, titolo che rimanda all’immagine di Achille Beltrame nella copertina della “Domenica del Corriere” del Natale di pace del 1918. Parla Ina, attraverso il diario, attraverso quell’unica fotografia che la ritrae nella sua severità e attraverso la ricostruzione a cura di Paolo Gaspari che non rinuncia a denunciare la cecità storica di cui spesso le figure femminili sono vittime e a ricordarci, amaramente, che i resti mortali della crocerossina più decorata della guerra sono finiti in una fossa comune.

Prestò servizio negli ospedali del fronte e poi a Udine nell’anno dell’occupazione. Diede assistenza nei reparti contagiosi, ammalandosi di vaiolo, tifo e leptospirosi. Morì giovane per le malattie prese in servizio. Visse nella parola “operosità”. Tanto schiva quanto attiva. Lontana da clamori formali di ufficialità, motivata da ideali profondi: così la descriveva Bindo Chiurlo (in occasione della prima edizione delle sue “Memorie”), sottolineando la “complessità spirituale” che traspariva dalla scrittura. «Talvolta in persona maschile, ora in persona prima, ora in terza», particolarità che «rispecchia da un lato la volontà fermissima di adeguarsi agli uomini, pur con le sue esili spalle… dall’altro quello di appartarsi, proprio di ogni nobile femminilità, anzi di ogni nobile spirito… umiliando il proprio io nell’armonia severa del tutto».

Tra gli episodi, anche la mediazione pericolosa di notizie tra Udine e Trieste, nei mesi precedenti il 24 maggio 1915, con zia Bice Prezioso, moglie del direttore de “Il Piccolo” e il giornalista Curzio Donati. Il volume ci permette di sostare tra le lettere, in particolare quelle indirizzate al fratello e al padre. Così scrive il 13 agosto 1915: «Caro papà, ho ricevuto tutte le tue lettere. Si lavora. La seconda settimana del mio turno l’ho passata coi tifosi, uno dei quali purtroppo morì. Quali spettacoli di dolore s’hanno qui sempre davanti a noi! Quale triste processione di gente straziata ci sfila ogni giorno d’innanzi. È il rovescio della medaglia: l’aspetto atroce della guerra».

La plurimedagliata crocerossina rivela la sua natura soprattutto nei particolari, come il P.S. di una lettera sempre al padre: «Nell’indirizzo non mettere “Dama infermiera”, ma solamente Infermiera, che mi piace di più».

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