Il fantasma di Pippo Baudo

Il più imbambolato inizio festival del decennio fa il 52 per cento, spazzola Conti, il dio pagano dello share festivaliero, gettando nel panico i più attenti strateghi del catodo. Saltano certezze come otturazioni e fatichiamo a cogliere i desiderata del popolo.
Offri loro Roberto Bolle e giustamente gioiscono, offri Baglioni, un poverocristo che si è accorto soltanto ieri mattina di aver passato la serata sul palco dell’Ariston, e sono contenti lo stesso.
Bocche buone o santa rassegnazione?
L’effetto Fiorello, questo è stato. Quel diavolo di Rosario è l’unico - là dentro e quando c’è - a elettrizzare l’ambient, spostando italiani ed equilibri televisivi. Ciò che altresì resta immutabile come l’espressione di Ramses II è il pasticcio peninsulare.
Tutto il giorno plagio sì, plagio no. Ma sì, dai che la sapete. La canzone di Ermal Meta e di Federico Moro Non mi avete fatto niente è sputata identica a Silenzio, brano del Sanremo 2016. Via, fora de bal, nonostante sia la più decente delle venti. No, i due sono stati sospesi «in fase di approfondimento».
Boh. Cosa cavolo vuoi approfondire? Non serve l’esame audiometrico, su dai. E per restare nella sospensione, ma non suggestiva, bensì reale, andrebbe trasferito in Lapponia l’autore dell’incipit disneyano della seratona due, con Biancaneve/Hunziker e Pozzo dei Desideri/Baglioni. E non è che dopo sia andata meglio.
Dopo è cominciato il festival. Non c’eravamo sinceramente accorti di essere in una specie di riscaldamento pre sanremese.
Questi davvero non hanno alba sul da farsi. Così d’emblée non vorremmo passare per i soliti radical chic scocciati da tutto ciò che non rientra nella noia colta.
Siamo uomini semplici, invece, bulimici di stupore altrui. Non abbiate timore di stracciare le regole, non siamo più nella Rai della Dc timorata da Dio e dal Vaticano, che zittiva e censurava musica, parole, gesti, situazioni, ironia.
Eppure era lo stesso una grande tivù, che non aveva bisogno di espedienti per essere bella. Aveva idee e artisti magnifici.
Stiamo entrando nel labirinto dei remember, posto orrendo. Via subito. Tanto tra poco rientreremo. Allora, i giovanotti di belle speranze.
È cominciata la loro breve passeggiata in Riviera. Mirkoeilcane, Giulia Casieri, Lorenzo Baglioni e Alice Caioli. Ultimo è proprio il ragazzo col cane, ecco. Stanno tutti bene parla di migranti e viene bocciata. L’Ariston contesta. Inascoltabile, sincerità per sincerità, salvo il messaggio.
Vabbé, però. Guida momentaneamente la Caioli con Specchi rotti, benché Lorenzo Baglioni con Il congiuntivo abbia almeno tentato di raggiungere, con la grammatica malefica per molti, tutti gli spogliatoi di serie A e qualche scranno di Montecitorio.
Dieci big nuovamente in pista. Gli altri domani. A sabato bisogna pur arrivare in qualche modo. Sanremo è come la pensione: aspetti il fine carriera e quello s’allontana.
Stando in zona minestra e stracchino, si palesa Pippo Baudo, tredici festival, una Sharon Stone baciata, una Madonna ospitata, un Louis Armstrong cacciato dal palco, un suicida salvato e mille altre fantasmagoriche serate, perché allora forse ci si accontentava o forse allora c’era davvero ciccia da mordere.
Col Volo, sì c’erano anche loro, avremmo voluto essere in volo verso la Lapponia con l’autore di prima che s’è già imbarcato, da quello che sappiamo.
Per fortuna con Antonacci e con Sting abbiamo capito che per Sanremo non vale la pena di buttarsi dal quinto piano. Anche perché la redazione del Messaggero Veneto è a piano terra.
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