Il filosofo Pierre Levy a Mimesis: «L’intelligenza artificiale cresce ma fa errori»
Lo studioso francese ospite degli eventi organizzati dal festival al via a Udine. «Costituirà un’interfaccia sempre più intuitiva e contestuale al mondo digitale»

Si inaugura giovedì 26 ottobre la decima edizione del Festival Mimesis. Molti gli interventi di studiosi e filosofi che cercheranno di sviscerare il tema di quest’anno dedicato a Filosofia e trasformazione digitale. Legato al Festival c’è il Premio Udine Filosofia, che quest’anno è andato al filosofo tedesco Peter Sloterdijk e al francese Pierre Levy.
È quest’ultimo un filosofo francese, esperto di comunicazione, professore all’Università di Paris-VIII Saint Denis. Nei suoi studi si è occupato dell’impatto che le nuove tecnologie hanno sulla cultura e le facoltà cognitive, approfondendo il concetto di intelligenza collettiva intesa come la particolare intelligenza multidimensionale distribuita ovunque e in simultanea grazie alla sinergia tra gli esseri umani e le nuove tecnologie.
Nel suo libro Il virtuale, recentemente pubblicato in una nuova edizione italiana dalla casa editrice Meltemi (a cura di Damiano Cantone e Andrea Colombo), ad esempio, Levy ha mostrato come il concetto di virtuale sia un aspetto significativo della cultura e della tecnologia contemporanee.
Quali implicazioni questo può avere per la cultura e le interazioni umane?
«Oggi tutte le persone fisiche e giuridiche, tutti noi abbiamo accesso a un’incredibile varietà di fonti di informazione e possiamo collaborare e comunicare quasi gratuitamente con chiunque altro sul pianeta. Questo ha prodotto un’enorme concentrazione di capacità di memoria e di elaborazione delle informazioni nelle mani delle “Big Tech” americane e cinesi. Cosa che conferisce loro una ricchezza e un potere senza precedenti, con tutti i rischi di manipolazione e abuso che possiamo immaginare».
Lei propone l’idea di una intelligenza collettiva favorita proprio dalle reti digitali. Quali i pericoli di questa infinita possibilità di connessione tra le persone?
«Questa nuova situazione di accumulo di informazioni su larga scala e di comunicazione trasversale, che informa l’intelligenza collettiva, ha ovviamente anche i suoi aspetti negativi, come gli attacchi alla privacy e alla proprietà intellettuale, la criminalità informatica e la manipolazione e la propaganda insidiosa da parte di partiti politici e di alcuni Paesi. Oggi uno dei temi che più tengono banco nella ricerca e nella discussione culturale e non solo è quello dell’Intelligenza artificiale, l’ultimo traguardo della tecnologia. Sino a qualche anno fa pochi pensavano che semplici metodi statistici (e quindi puramente empirici) basati su enormi masse di dati potessero generare oggetti simbolici complessi su richiesta e simulare il dialogo umano in modo quasi perfetto. L’anno 2022 ha segnato la transizione di queste tecniche dall’oscuro retrobottega delle applicazioni specifiche alla luce del sole dell’interazione diretta con un pubblico di non specialisti. Non dimentichiamo che questi sistemi commettono errori e non sono realmente capaci di originalità. Ma questo è un movimento irreversibile che continua un processo di reificazione formale e di esternalizzazione delle funzioni cognitive iniziato a metà del XX secolo e amplificato allo stesso tempo dall’aumento della potenza e dalla diminuzione dei costi dell’hardware. È sicuro che la maggior parte dei software incorporerà moduli di apprendimento automatico e che l’intelligenza artificiale generativa costituirà un’interfaccia sempre più intuitiva e contestuale al mondo digitale».
Come immagina il futuro dell’istruzione, nonché il ruolo degli ambienti virtuali nel plasmare il modo in cui acquisiamo e condividiamo il sapere?
«Possiamo dividere questa domanda in due sotto-domande: come possiamo utilizzare i nuovi strumenti digitali per scopi educativi? e come possiamo formare le persone a navigare in un ambiente digitale utile e vantaggioso? Per quanto riguarda il primo punto, non credo nell’utilizzo di strumenti specifici per l’istruzione. Al contrario, penso che dobbiamo basarci sull’esperienza degli studenti con le ordinarie applicazioni utilizzate da tutti loro, dalla videoscrittura, ai social media, a ChatGPT. Per quanto riguarda il secondo punto, credo che la cosa più importante sia sviluppare le capacità di pensiero critico degli studenti, per esempio attraverso la gestione dell’attenzione, il non fare affidamento soltanto su una o due applicazioni, l’organizzazione della propria raccolta di dati. Il pensiero critico, inoltre, può aiutare ad analizzare i concetti, a organizzare narrazioni e agende partendo da fonti che devono sempre essere multiple e incrociate, oltreché a praticare la condivisione della memoria, e a stimolare l’intelligenza collettiva e l’apprendimento collaborativo
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