Il fu Mattia Pascal di Glejeses: «Un antieroe della letteratura»
In scena al Giovanni da Udine mercoledì 12, giovedì 13 (alle 20.30) e venerdì 14 marzo alle 19.30. Regia di Marco Tullio Giordana, protagonista Geppy Glejeses

Un bel giorno nella vita agra, senza entusiasmo, appiattita sul quotidiano tra una suocera invadente e vessatoria e una moglie che non ama, nella vita di Mattia Pascal capita “un colpo di fortuna” che gli permette di troncare con la sua esistenza e assumere una nuova identità nei panni del defunto Adriano Melis.
È questa la trama attorno cui ruota uno dei più fortunati romanzi di Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal del 1904, nel quale i temi cari alla poetica dl grande siciliano, riassunta nell’eterno dilemma tra essere e apparire che agita l’esistenza umana, affiorano con grande evidenza e anche con una corposa e vitale teatralità.
Al punto che Il fu Mattia Pascal dagli scaffali delle librerie è volato più e più volte sulle tavole dei palcoscenici in versioni sempre molto apprezzate dal pubblico.
Come questa che andrà in scena al Giovanni da Udine mercoledì 12, giovedì 13 (alle 20.30) e venerdì 14 marzo alle 19. 30. Ne è protagonista e, oltre che riduttore con Marco Tullio Giordana che firma la regia, Geppy Glejeses, una cinquantennale carriera teatrale alle spalle ricca di titoli e autori importanti, oltre che sapiente capocomico.
«Sono l’ultimo capocomico – ci racconta Glejeses – cresciuto alla scuola di Eduardo De Filippo, quello di stampo antico che si fa carico di testi compagnie spettacoli importanti come da nostra tradizione. Tradizione che, nonostante quello che si crede o ci fanno credere, non è, come diceva il grande musicista austriaco Gustav Mahler, “venerare le ceneri ma tenere acceso il fuoco”».
Allora veniamo a questo suo Fu Mattia Pascal, romanzo che ha goduto di tante riduzioni e adattamenti ed è stato frequentato da attori e registi importanti del nostro teatro...
«Questo adattamento, mio e di Marco Tullio Giordana, è molto funzionale, assai meno lungo di quello di Kezich che alla fine risultava pletorico nella sua lunghezza di oltre tre ore: oggi il pubblico non è più abituato a spettacoli di una certa durata, oggi la gente a teatro tre ore, ad esempio, non ci sta. Nel nostro spettacolo ci sono, comunque, tutti gli snodi principali narrativi e poetici del romanzo, ma in qualche modo ridotti all’essenziale: stessa ambientazione, inizi ’900, immutate le parole di Pirandello, il suo linguaggio volutamente non “aggiornato”come spesso si fa».
Quale riflessione avete sviluppato nello scegliere il Mattia Pascal, questa “farsa trascendentale”, come è stata definita?
«Quella che Mattia Pascal è stato il primo dei grandi illuminanti antieroi della letteratura mondiale, di quella europea occidentale in particolare. Dopo di lui c’è stato Zeno di Svevo fine anni ’20 e nei primi anni ’30, L’uomo senza qualità di Music, Perelà uomo di fumo di Palazzeschi e Ferdinand Bardamu de Viaggio al termine della notte di Luis Ferdinand Celline. Guarda caso tutti romanzi, tutte presenze che hanno preceduto l’arrivo dell’uomo forte, delle dittature del secolo scorso. Date e coincidenze che non si possono sottovalutare».
E rispetto all’oggi?
«L’oggi è talmente povero che non mi interessa fare paralleli con l’oggi, mi interessa invece studiare approfondire quel periodo storico, quelle analogie, quelle connessioni che non si possono non fare e che gettano comunque luce anche sull’oggi, ci aiutano a capirlo, a guardarlo con attenzione e allarme».
Quale allora l’elemento che maggiormente avete voluto sottolineare di questo antieroe, di questo personaggio perfetta personificazione dell’uomo contemporaneo perennemente in bilico tra realtà e finzione?
«Il contrasto tra la provenienza, l’estrazione borghese di Mattia e il fatto che si dichiari inetto a tutto, un uomo che vive la sua parabola in modo cosciente, consapevole, risoluto alla ricerca di sempre nuove identità, che quella borghese gli sta stretta, soffocata da cinghie che mortificano l’esistenza e la sua autenticità».
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