Il Galilea affondato tra i misteri: Leggio racconta la sua verità

Lo scrittore ha potuto consultare gli archivi della Royal Navy «un sopravvissuto e lo studioso Brian Dickinson le mie fonti»
Di Nicola Cossar

UDINE. Negli abissi del tempo e della memoria, alla ricerca della verità: dopo l’inferno bianco che ghiacciò per sempre il cuore di migliaia di tanti nostri soldati, ecco lo Ionio con i pirati in divisa navi che sacrificarono all’antico mare di Ulisse altri 1.050 ragazzi in armi che tornavano a casa a bordo del Galilea in quel maledetto 28 marzo del 1942. Una giornata nera. Per la storia della Regia Marina, per tante famiglie friulane. Ferite mai rimarginate di una storia nota. O no? Cosa nascondono ancora quelle acque cristalline dalle parti di Antipasso? Tesori, misteri? Risposte? Una verità? La Verità.

Dopo aver raccontato l’immensa tragedia russa in due libri di grande successo (L’ultimo treno per Valujki e Sotto copertura), Lino Leggio si tuffa ora in quel mare doloroso per ricostruire - naturalmente romanzandola - una vicenda forse ancora da chiarire. Ecco il perché di Operazione Galilea (Nuovi Sentieri, 18,00 euro), che lo scrittore udinese presenterà oggi, alle 18, alla libreria Friuli assieme ad Enzo Cainero e che chiude la trilogia bellica.

«Perché riportare in superficie, dopo oltre 70 anni, una storia scomoda? attacca Lino -. Per dire la verità, partendo da un fatto storico, ma raccontandolo in forma romanzata. È una storia legata con il filo rosso della vergogna a quella dell’Eiger e al dramma personale di Claudio Corti (ingiustamente accusato da Harrer di aver abbandonato a morte certa il compagno di cordata Stefano Longhi), tragedia di cui ho già scritto e parlato molte volte».

- Come nasce l’idea del libro?

«Da due incontri fortuiti. Nel 2007 conobbi a Lecco un sopravvissuto del Galilea, un alpino. Tempo dopo a Rovereto feci la conoscenza di Brian Dickinson, appassionato scalatore e studioso dell’Eiger, ma anche della Royal Navy. Grazie a lui, sono riuscito a vedere l’affondamento del Galilea dal lato degli inglesi. Così, nella prima parte del libro, mi sono messo nei panni di Philip Francis Stewart, comandante del famigerato sommergibile inglese Proteus, un uomo di ghiaccio ligio al dovere. Quel siluramento fu un’esecuzione: dei 1329 imbarcati, se ne salvarono 279. Non molti sopravvissuti ne hanno voluto parlare e ognuno ha raccontato la sua verità. Io racconto la mia, la storia di questa nave che per Mussolini e la sua cricca era “sacrificabile”».

- Uno scavo lungo nella storia, allora?

«Lungo anni. Avevo troppe domande dentro e c’erano troppe persone che mi avevano consigliato di lasciar perdere. Una spinta formidabile dunque, tanto da andare a scavare nell’ archivio storico della Marina a Roma».

- E quali sono le domande?

«Perché fra tutte le 11 navi italiane gli inglesi colpirono - con un solo siluro - proprio il Galilea? Perché il sottomarino ricevette l’ordine perentorio di “affondare il Galilea a tutti i costi”? Perché 4 scialuppe si erano subito riempite d’acqua e non furono mai più trovate dai soccorritori? Il piroscafo era da considerarsi una nave ospedale o no? Non lo era. Perché su una nave che poteva trasportare 434 persone più l’equipaggio c’era tutta quella gente? Perché c’erano soltanto 12 scialuppe il 28 marzo 1942? Perché con i 57 detenuti c’erano a bordo due donne misteriose pare accusate di spionaggio? Perché non ne hanno scritto? Perché sulla ritirata di Russia hanno scritto centinaia di libri e sul Galilea soltanto un paio? E perchè il comando supremo della Royal Navy ha trasmesso al Proteus la notizia della partenza della nostra nave ben tre ore prima? Così il Proteus le è andato semplicemente incontro e poi ha fatto il tiro al bersaglio precisissimo, a 9 km dalla piccolissima isola di Antipasso. Spero che qualcuno vada a tirarla su...»

- Torniamo all’oro di Dongo?

«O forse soltanto alla tomba del Gemona... Ma poi c’è il romanzo».

- Già...

« E l’autore è anche lo scrittore protagonista del racconto, l’uomo che va da quelle parti con la moglie e comincia a immergersi in cerca del relitto. Un relitto che fa gola a un nostalgico del Terzo Reich. Il protagonista è forse un altro, un vecchio, pazzo ma non troppo».

- Lo trova sull’isola greca?

«È il guardiano del faro, superstite del naufragio: aiuterà lo scrittore a trovare le risposte. Lui era in forze a quella nave come marinaio civile militarizzato. Il Galilea era come casa sua. Sarà lui a dire la sola verità, da vecchio alcolizzato e svanito, ma forse è soltanto un uomo troppo vecchio condannato a vivere mentre altri ragazzi hanno visto spegnere la loro gioventù in quel mare così azzurro».

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