Il mito di Antigone tra bene e male luci e ombre sull’eroina di Sofocle
Il primo appuntamento al Giovanni da Udine della nuova edizione dedicata alla Guerra dei sessi

Partenza col botto, teatro esaurito partecipe e caloroso, per il nuovo ciclo di Lezioni di storia al suo debutto ieri mattina al Giovanni da Udine. Primo appuntamento di questa settima edizione - dedicata quest’anno alla Guerra dei sessi -, Antigone contro Creonte tenuta dalla professoressa Laura Pepe, docente di Diritto romano e Diritti dell’antichità all’Università statale di Milano.
Laura Pepe ha subito messo i puntini sulle i, dimostrando come forse non è proprio del tutto corrispondente al vero l’idea che ci siamo fatti di Antigone, ossia delle fanciulla che sacrifica la vita per seppellire il fratello Polinice reo di aver mosso contro la città di Tebe e per questo condannato dal re Creonte all’insepoltura, una vera e propria ignominia per gli antichi greci, questa idea di un’eroina che rinuncia alla vita pur di seguire le leggi del sangue e della pietas famigliare.
Quello che è vero, ha sottolineato la docente, è che Antigone è entrata nella storia, si è incarnata nella storia al punto che tante protagoniste del nostro tempo e prima ancora nel corso dei secoli, come «Greta Thunberg, le donne iraniane, Carola Rackete, le femministe e attiviste per i diritti umani vengono paragonate all’eroina di Sofocle, protagonista dell’omonima tragedia. Antigone, insomma, come l’incarnazione del diritto naturale, principio che lei considera al di sopra di qualsiasi altro principio e per questo sfida la legge dello Stato». Ma forse la sua figura, a indagare bene nelle pieghe della tragedia che l’ha immortalata, si scoprono forti ambiguità, luci e ombre che ne ridimensionano il significato.
La trattazione della professoressa Pepe ha perciò ripercorso il cammino che ha portato Antigone a rappresentare tutto ciò che si è cristallizzato nell’immaginario collettivo. Partendo proprio dalla ricostruzione della tragedia, sottolineandone le molta complessità così come sono sottese nei passaggi che la scandiscono: dal primo incontro di Antigone con Creonte dopo che lei ha simbolicamente dato sepoltura al fratello con una manciata di polvere cosparsa sul suo corpo, all’incontro con la sorella Ismene che si rifiuta di disobbedire al decreto di Creonte, dal confronto tra Creonte e il figlio Emone a quello con Tiresia che gli annuncia sventure, fino al tardivo ravvedimento del re, quando oramai Antigone e Emone sono morti.
Parte proprio dalla rivalutazione della figura di Creonte, la disanima della relatrice, Creonte che alla luce di una lettura più profonda del testo sofocleo, «non appare così afflitto da hybris, la dismisura che colpisce i tiranni, quanto invece obbediente alla legge che vuole puniti i nemici esterni dello Stato, e Polinice è uno di questi. Mentre per Antigone Polinice è fratello e quindi consanguineo, molto più di un marito o un figlio, che se scoperti nemici dello Stato, Antigone nella sua logica non esiterebbe a sacrificare; per i greci del V secolo (Sofocle scrive Antigone nel 442 a.c.) la consanguineità è data dal padre. Da qui la disobbedienza di Antigone. Che si sporca le mani solo per il fratello, non è una paladina dei diritti umani o di quella che spesso è stata definita giustizia giusta».
Quello del contesto storico e della contestualizzazione anche della tragedia sofoclea, recitata una sola volta perché espressione dei temi dei problemi, delle tensione che agitavano la città di Atene all'epoca, è aspetto imprescindibile per capire un personaggio come Antigone. «La tragedia – ancora le parole della Pepe – non è una favola, non ha una trama lineare, un lieto fine e una morale. La tragedia stimola riflessioni, pone domande alla quali è chiamato a rispondere il singolo spettatore.
E che spettatore era quello che assiste alla tragedia? Era un cittadino, partecipe alla vita pubblica in un momento storico in cui si facevano largo idee quali quella espressa dal sofista Protagora, che l’uomo è la misura di tutte le cose, quindi anche delle leggi umane da rispettare più e meglio di quelle naturali. In più sono gli anni di Pericle, lo stratega che opera per il bene della città su indicazione dell'assemblea e Creonte altri non è che una sua tragica incarnazione al cui confronto Antigone appare un’aristocratica snob, intransigente e anche arrogante».
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