Il mito di “villa Sordi”: quando Albertone portava a Lignano il vento della dolce vita

Alberto Sordi amava molto la casa, la arredava lui con un gusto particolare per mobili e oggetti. Realizzò il suo sogno nel 1953 quando trovò un bel casale con giardino davanti alle terme di Caracalla, a Roma. Era stata la dimora del gerarca Dino Grandi e sull’edificio aveva messo gli occhi anche Vittorio De Sica, ma alla fine la spuntò lui, Albertone, che lì costruì il suo regno personale con l’aggiunta di due diramazioni al mare, una a Castiglioncello e l’altra nella nostra Lignano Sabbiadoro, che in quell’epoca stava vorticosamente crescendo e cominciava ad attirare l’attenzione del jet set, compresi gli attori che venivano a girare i film nelle nostre zone, diventate una sorta di piccola Cinecittà friulana.
Come si sa, il periodo d’oro fu quello a fine anni Cinquanta quando, tra il ’57 e il ’59, misero le tende due grandi troupe internazionali per “Addio alle armi”, super produzione americana con il regista Charles Vidor, e poi “La grande guerra”, prodotto da Dino De Laurentiis e diretto da Mario Monicelli. Protagonista in entrambi fu Sordi che, nei momenti di pausa, si fiondava verso Sabbiadoro e le rotonde sul mare.
Celebri le incursioni nel dancing “Il Fungo”, disegnato da Marcello D’Olivo a Pineta e gestito dal mitico Eno Petracco. Nottate bellissime, che fanno ripensare con inevitabile nostalgia a estati affollate e intense. L’apparizione di Alberto e Vittorio Gassman, ovvero i fanti Oreste Jacovacci e Giovanni Busacca, il romano e il milanese nel film di Monicelli, richiamava gente a bizzeffe e accendeva l'aria di un'incontenibile elettricità. Sordi vi approdava sorridente, circondato da belle donne e amici, prediligendo la grappa “di fossàl”, come Petracco rammentò in un'intervista fattagli dal giornalista Mario Blasoni.
La passione per Lignano ebbe effetto al punto che Albertone decise di creare lì un punto fisso nel suo panorama domestico, facendo diventare così leggenda la storia di una villa, situata a Pineta in arco del Maestrale, angolo raggio del Bisato, che per tutti rimane ancora oggi “la villa di Sordi”, anche se dal 1975 è passata ad altri proprietari. È una vicenda molto nota, un po’ come quella della visita di Ernest Hemingway che, messo piede sulla sabbia, pronunciò la celebre frase: “Ma questa è la Florida d’Italia!”.
La villa, forse la più famosa di tutta Lignano, è stata descritta in bellissimi libri di architettura dedicati a questa “città sulla luna”, come la definì il poeta ingegnere Leonardo Sinisgalli, che pure aveva qui una casa. Può essere interessante riparlarne in questi giorni mentre si avvicina il 15 giugno, quando ricorreranno i 100 anni dalla nascita di Sordi e intanto si registra un fiorire di libri e iniziative attorno al grandissimo attore, quello che nei suoi 200 film meglio di tutti ci ha fatto capire davvero chi siamo noi italiani, debolezze e difetti inclusi.
Risale al 26 giugno 1958 l’atto stipulato nello studio del notaio Sergio Cipolla di Latisana con cui la società Lignano Pineta, rappresentata dall'avvocato Mario Anzil, trasferì e cedette a Sordi un lotto di terreno “a compenso di 2 milioni e 200 mila lire che l’attore - vi si legge - ha maturato partecipando a manifestazioni destinate a promuovere Lignano”. E con tale atto Sordi si impegnò appunto a costruire sul fondo la casa, con progetto sottoposto prima a una commissione edilizia.
La formula prevedeva insomma di donare un terreno a personaggi famosi giunti zona e capaci di attirare l'attenzione, purché poi restassero. Cosa che venne tentata con altri vip, come Hemingway o Gassman, ma il più disponibile fu proprio Albertone tanto che la villa, progettata dall’architetto Aldo Bernardis, venne velocemente costruita dall’impresa Ursella nel 1959, anno eccezionale e frenetico per l’attore romano, che in quei mesi fu protagonista in ben dieci film, compresa “La grande guerra”, girata fra Venzone, Gemona, i bastioni di Palmanova, Nespoledo. Di giorno impegnato nelle riprese, la sera a ballare “al Fungo”. Altri ritmi davvero!
Di questa straordinaria fase di vita lignanese si sa tutto leggendo il capitolo dedicatole dall’architetto Massimo Bortolotti su un recente volume della Filologica friulana, dove si ricorda pure che il progetto si ispirava un po’ alla tipologia dei casoni lagunari, creando una sorta di tana, così da allontanare gli sguardi dei curiosi. Della villa si occupò in seguito Silvio Marcon, il fedele giardiniere, nato come Sordi nel 1920, che doveva tenere a bada gli stormi di ragazzine assiepate dietro i cancelli in attesa di vedere lo “sceicco bianco”. Sordi, preso da mille impegni, soggiornava ogni tanto nella villa, meta invece ogni estate delle celebri sorelle, Savina e Aurelia, le guardiane della sua tranquillità di scapolo. A chi gli chiedeva perché non si fosse sposato, Albertone rispondeva con un mega sorriso: “Ma perché dovrei mettermi un'estranea in casa?”.
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