Il piccolo Edek ricercato dai nazisti e salvato sui monti dai partigiani
La storia di Edoardo Osser nato a Udine e vissuto in Friuli. Il papà Sigismondo fu ucciso da una pattuglia tedesca

Nato a Udine nel 1939, proprio mentre si allargava la marea della legislazione razziale, Edek (Edoardo) Osser è giornalista con una lunga esperienza televisiva in Rai e alla Rcs. Ha realizzato reportage da tutto il mondo come inviato speciale, è stato capo redattore centrale del Tg2 e adesso, in piena forma, alla bella età di 84 anni, è inviato per “Il Giornale dell’arte”.
Ha realizzato filmati al Louvre e al British Museum e da alcuni anni, assieme alla moglie Tina Lepri, gira film-documentari sull’arte per musei e grandi mostre.
Edek frequentò a Udine il liceo “Stellini” fino alla quarta ginnasio, poi la quinta la fece in collegio a Tolmezzo, dai Salesiani. Subito dopo raggiunse a Roma sua mamma, la gemonese Luisa Celotti, che si era risposata dopo la morte del primo marito. A Roma Edek si laureò in Scienze politiche e lì vive tuttora.

Suo padre era Sigismondo (Zygmund) Osser, ebreo polacco di Varsavia nel 1904 e giunto in Italia nel 1922. Sigismondo e Luisa si conobbero e si laurearono a Padova: lui divenne neurologo, lei radiologa. Si sposarono nel 1935 e, dopo un periodo passato a Regoledo, sul lago di Como, lavorando in una casa di cura per malattie nervose, fra il 1936 e il 1937 si spostarono a Gemona, prima lei e poi lui.
Nel 1937 Sigismondo ottenne la cittadinanza italiana provvisoria, che gli fu revocata l’anno dopo con le leggi razziali, a causa delle quali gli fu anche impedito di esercitare la sua professione. Riuscì a sistemarsi al Sanatorio di Buttrio dal 1940 al settembre del 1943, quando, per sottrarsi ai tedeschi, si diede alla macchia. Grazie al dottor Pietro Caracci fu messo in contatto con il Pci, che lo avviò nel Collio goriziano, dove partecipò alla Resistenza con il nome di Paolo (Pavel).
Luisa, rimasta a Buttrio, nascose Edek (che, essendo di “sangue misto”, era a tutti gli effetti ricercato dai nazisti) presso una famiglia di contadini nella campagna poco lontano da Villa Ottelio (oggi de Carvalho), abitata al tempo dal direttore del Sanatorio, il dottor Taddei.
Nel 1944, dato il crescente pericolo, il piccolo fu dapprima portato in Collio con i partigiani per quattro mesi, poi affidato allo zio Lionello Ferrari a Ronchis di Faedis.
Luisa (Šaša per gli sloveni) collaborava con il marito e altri partigiani trasportando medicine e materiale sanitario; quindi, quando nell’estate del 1944 il Sanatorio di Buttrio fu requisito dai nazisti, raggiunse il marito in Collio (Brda), dove predisposero un servizio sanitario e corsi per infermiere e infermieri.
Il 2 marzo del 1945, però, Sigismondo fu ucciso da una pattuglia tedesca mentre scendeva dalla strada da Kosbana per visitare una malata in una casa all’incrocio verso Brezovk.
Accanto al luogo dell’esecuzione, i partigiani jugoslavi sistemarono un cippo che è ancora presente in quel luogo per ricordare il fatto. Nel dopoguerra la salma, scortata da partigiani jugoslavi e avvolta dalla bandiera jugoslava (che, fra alcune polemiche, fu tolta…), venne tumulata a Gemona, nella tomba di famiglia.
Edek, che è iscritto all’Anpi di Gemona da oltre vent’anni, torna spesso in Friuli, perché gli è rimasto nel cuore. Questa volta, tuttavia, lo fa anche per raccontare la storia sua e della sua famiglia.
L’appuntamento è oggi a Buttrio, nella sala consiliare di Villa di Toppo Florio alle 17, nel contesto delle iniziative del Comune in occasione del Giorno della Memoria e dell’incontro “Il dramma della Shoah. Ebrei in Friuli e nella Venezia Giulia”, in collaborazione con Anpi Comitato provinciale di Udine e Ifsml. Relatrice la professoressa Nicoletta Picotti.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto