Illegio racconta “Il coraggio”: tra le opere un Caravaggio

Presentata la mostra dal 18 giugno a Tolmezzo: «Un viaggio in 2500 anni di storia della bellezza»

Martina Delpiccolo

Il coraggio non è muscolare, ma spirituale. La ventesima edizione della mostra internazionale a Illegio arriva come un invito a riscoprire una virtù necessaria in un mondo acritico e confuso, che deforma eroismi e manca di presa di coscienza e responsabilità. Arte come esercizio di coraggio.

È stata presentata ieri nel Palazzo della Regione a Udine la nuova spettacolare mostra, una concentrazione di meraviglie d’arte e sorprendenti casi di studio, che si potranno ammirare dal 18 giugno fino al 3 novembre.

L’assessore regionale alla Cultura Mario Anzil ha lodato il progetto: «Questa iniziativa, che sosteniamo con orgoglio, ha saputo identificare una località suggestiva, ma poco nota, con l’arte di livello internazionale. Un modello esemplare, che coniuga contenuti di spessore, capacità comunicative, visione, relazione tra arte e spettatore, pensiero e azione. La cultura può promuovere il territorio, ma anche emozionare, creare piacere e far riflettere su un tema antico da riscoprire oggi».

Lara Iob, presidente del Comitato di San Floriano, ha ripercorso i risultati ottenuti in 20 anni, il contributo dato alla cultura del territorio, che si esplica in contenuti, ma anche in numeri: «600.000 visitatori in un paesino carnico di 320 abitanti, con una media di 32.000 l’anno. Sono 20 le mostre allestite ad Illegio, 450 le collezioni d’arte d’Europa, tra musei e privati, con cui si è creata relazione per un totale di 1400 opere esposte, spesso inedite, non visibili al pubblico. Più di 150 le opere restaurate come contributo alla salvaguardia del patrimonio, grazie anche al sostegno di 40 istituzioni pubbliche e privati». Ha inoltre sottolineato che il tema di quest’anno è insito fin dal primo anno, da quando con coraggio è stato piantato il seme dell’arte a Illegio.

Don Alessio Geretti, curatore della mostra, ha esordito condividendo l’emozione della lettera ricevuta da papa Francesco, che commenta i vent’anni di arte come “miracolo di Illegio” e che sarà letta all’inaugurazione, il 18 giugno, alle 18. Don Geretti ha poi introdotto i contenuti esposti: «Un viaggio in 2500 anni di storia della bellezza, dal VI secolo a.C. con opere dell’antica Grecia fino al Novecento inoltrato. Un viaggio in 40 passi: meditazioni d’arte sulla virtù del coraggio, 11 delle quali appartenenti a collezioni inavvicinabili. Si tratta di 40 meraviglie di altissima qualità, di artisti poco noti o di fulgide stelle come Caravaggio, Perugino, Bernini, Guercino, Preti, Kandinskij, Pomodoro».

Durante la conferenza stampa, don Geretti ha incantato illustrando alcuni esempi di opere esposte, a partire dall’immagine utilizzata come simbolo della tematica della mostra nel materiale divulgativo. Si tratta del “San Sebastiano”, martire per aver sostenuto la fede cristiana, del Perugino. «Il santo alla colonna – commenta don Geretti – è simbolo di bellezza, manifestata nell’anatomia perfetta e nel ritorno rinascimentale all’eleganza classica. La bellezza sensibile è rivelazione di quella interiore, ossia di virtù e fede. Pur essendo trafitto da acuminati dardi, non batte ciglio, non sanguina, non mostra spasmi o sofferenza. Non è arte realistica, non raffigura “fisicamente”, ma “spiritualmente”. Con il Perugino si ha il primo esempio di arte astratta. È stata scelta come immagine della mostra perché la radice del coraggio non è muscolare, ma interiore. Di qui la serenità e imperturbabilità di San Sebastiano».

Un altro esempio evocato da don Geretti è l’opera di Caravaggio, spettacolare per genialità e dimensioni, che mette in scena la “Presa di Cristo nell’Orto degli Ulivi”: «Appare evidente l’intento teatrale. Le figure di Cristo, di Giuda e dei soldati hanno le dimensioni di chi guarda l’opera. Lo spettatore ha la sensazione di essere così nell’Orto degli Ulivi, parte della scena concitata della presa di Gesù. Caravaggio ha subìto l’influenza delle sacre rappresentazioni del tempo che facevano uso di luci dorate».

Dunque un’opera che condensa il passato e il presente di Caravaggio, anche nella scelta del vestiario e delle armature, a dirci che quello che è accaduto allora nell’Orto degli Ulivi si ripete anche oggi.

La presenza di Caravaggio, attraverso l’autoritratto, nella figura che illumina con la lampada il volto di Gesù e quello del traditore, con in mano anche il mandato di cattura, cela due significati per don Geretti: «Anche l’artista ha contribuito alla condanna, recando in mano quel testo. Suo il compito di gettare luce, seppur fioca, sui grandi misteri».

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