Ip Man 3, disciplina e rigore vs potenza e fisicità

UDINE. Disciplina contro potenza, rigore contro fisicità. Catapultare un peso massimo come Mike Tyson sul cammino del maestro Ip Man (interpretato dal serafico Donnie Yen), è decidere di vedersi sfidare questi opposti.
E se non sai da che parte stare guardando Ip Man 3, il terzo episodio della saga dedicata al leggendario maestro di arti marziali, puoi semplicemente trovare la posizione migliore da assumere e goderti lo spettacolo dei due che si scannano mettendo in scena i loro colpi migliori.
A dirla tutta, però, ci pare difficile non parteggiare per il maestro di Wing Chun, non foss’altro perché la sua persona piace a tutti. Se sei un bambino, rimani a bocca aperta ad ammirare le sue movenze pacate eppure così micidiali.
Se sei un uomo, invidi la forza che emana anche dal suo più piccolo gesto della mano. Se sei una donna, non puoi non amare il modo in cui dice alla moglie (la bellissima Lynn Xiong) «ho sbagliato, è colpa mia». Una cosa da game, set, match.
Quindi si tifa per Ip Man, anche quando il faccione tatuato di Mike ci sorride con un sopracciglio alzato a ricordarci che anche lui, a modo suo, è stato una leggenda.
Tyson, ci è difficile pensare altrimenti, calza i panni del cattivo, un corrotto malfattore americano implicato nel mondo delle costruzioni con cui è complicato empatizzare, ma che ha il pregio di regalarci una scena di combattimento epica.
Il nuovo esplosivo capitolo della saga dedicata al popolare idolo delle arti marziali ha inizio nella Hong Kong degli anni Cinquanta: un città dominata da bande rivali e gangster feroci.
Ci sono gli scagnozzi caricaturati al punto giusto tra la coppola e lo sguardo truce, le maestre con la gonna a metà polpaccio, i commissari di polizia sovrappeso, i buoni e i cattivi.
Ci sono, insomma, tutti gli ingredienti per un filmone che piace anche a chi le arti marziali non le digerisce e a chi ha ancora qualche pregiudizio nei confronti del cinema asiatico.
La vita del Maestro Ip Man si conferma, infatti, materia da blockbuster anche in questo in Ip Man 3, terzo episodio di una serie diretta da Wilson Yip e sesto film su di lui in generale.
Ip, noto per avere fatto conoscere la scuola di arti marziali di wing chun e per avere preso come allievo negli anni Cinquanta un giovane Bruce Lee, negli ultimi tempi ha visto ingrossare la sua reputazione come eroe popolare cantonese grazie a diversi film liberamente ispirati alla sua storia e pompati con spettacolari scene d’azione.
In questo terzo episodio, però, emerge prepotente il lato umano e sentimentale del maestro, che si dimostra dunque essere non solo pane e kung fu: ad accompagnare l’intera storia della faida tra bande di Hong Kong, c’è quella che corre parallela della famiglia di Ip Man.
Un bimbo sorridente e affettuoso e una moglie devota che ruberà la scena nelle fasi finali del film, regalando un intenso momento di commozione agli spettatori. L’ultima chicca, dedicata agli appassionati di arti marziali, è però l’apparizione di Bruce Lee, interpretato da Danny Chan Kwok-kwan.
Finalmente, infatti, viene raccontato l’incontro tra i due, con un giovane Bruce Lee che barattò gli insegnamenti di wing chun con lezioni di Cha cha cha. Ora non si può far altro che aspettare l’episodio numero 4.
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