Jennifer Batten omaggia Michael Jackson: «Suonare dieci anni con lui è stato un dono»

La chitarrista americana sarà giovedì al Teatro Verdi di Gorizia: «Ci viziava, abbiamo condiviso momenti magici»

Elisa Russo
La chitarrista americana Jennifer Batten sul palco assieme a Michael Jakson
La chitarrista americana Jennifer Batten sul palco assieme a Michael Jakson

«Suonare con Michael Jackson per dieci anni è stato un dono. E continua in qualche modo a esserlo».

L’americana Jennifer Batten è stata la chitarrista del re del pop in tre storici tour mondiali: Bad 1987-89, Dangerous 1992-93, HIStory 1996-97. Indimenticabile il suo assolo di “Beat It”, o la sua presenza sul palco del Superbowl 1993.

Chi meglio di lei può rendere credibile un tributo come “Michael – The Show”?Lo spettacolo va in scena al Teatro Verdi di Gorizia giovedì, alle 21. «Adoro tornare in Italia – dice la chitarrista newyorkese – amo il caffè e il cibo e ho visitato città che sono tra le più belle al mondo».

Batten, chi c’è con lei sul palco di “Michael – The Show”?

«L’eccellente Wendel Gama, interprete brasiliano di Michael Jackson. Quando qualcuno prende la musica seriamente come me ci capiamo al volo. In scaletta non mancheranno le hit che il pubblico si aspetta.

Includiamo anche qualche brano (non anticipo quale per non rovinare la sorpresa) che la maggior parte dei tributi tiene fuori, perché troppo impegnativi per il cantante. Per me sarà la prima volta con un’orchestra».

Cosa ricorda dei tempi al fianco di MJ?

«Ero sua grande fan prima di entrare nella band e tutti loro, compresi i ballerini sono diventati miei amici per la vita. Abbiamo condiviso momenti di storia che non si ripeteranno.

Michael ci viziava in tanti modi. Per esempio, faceva chiudere un parco dove il cast potesse rilassarsi qualche ora senza l’assalto dei fan. In generale avevamo il tempo anche di visitare le città. C’era una macchina organizzativa impeccabile».

Si sente mai in competizione con la se stessa di quegli anni?

«Guardo sempre avanti e mai indietro. Non potrà mai più esserci qualcosa di straordinario come suonare con MJ per il mondo pop e con Jeff Beck per la musica rock/strumentale.

Sono contenta di avere queste due carte in tasca e continuare, andare avanti migliorando sempre. A me piace suonare la chitarra, in qualsiasi situazione».

Dal 1997 ha appunto collaborato con Jeff Beck.

«Ho passato più tempo con lui che con Michael, abbiamo condiviso tanto. Ricordo le feste dopo i concerti, quando potevamo rilassarci. Anche semplicemente stare sul tour bus ad ascoltare musica con lui era epico».

Viene inserita nelle classifiche dei migliori chitarristi, in un mondo prevalentemente maschile. Si sente un modello per le donne?

«Non mi considero una delle più grandi chitarriste, forse una delle più conosciute, per via di MJ. Oggi ci sono tanti giovani, di entrambi i sessi, bravissimi; internet rende certe cose più facili.

Sono stata sicuramente un esempio per le ragazze, lo so perché me l’hanno scritto e detto. È normale, visto il pubblico così vasto a cui sono arrivata: abbiamo suonato per un miliardo e mezzo di persone al solo Superbowl, un’opportunità rara».

Sul palco con il re del pop aveva un look e un’attitudine punk rock. Come nascevano quelle scelte estetiche?

«Michael aveva assunto personale per creare la mia immagine, che doveva colpire. E così fu: magari qualcuno scordava il mio nome, ma di certo ricordava la ragazza con la chitarra e i capelli sparati.

Vincent Paterson in particolare ha creato il mio personaggio, ero piuttosto timida e lui mi ha trasformata in un animale da palcoscenico. Ha permesso a tante persone di eccellere, il suo libro “Icons & Instincts” è una lettura consigliata».

È appena uscito il documentario “Thriller 40”. E ci sono tanti omaggi, tra cui il vostro. Quanto è importante mantenere viva la memoria?

«Michael aveva il fuoco sacro e un talento eccezionale. Come diceva il suo manager più che creare una star, difficile è far sì che rimanga tale. Ha cambiato in maniera indelebile il mondo della musica, della danza, dell’intrattenimento. I suoi seguaci continueranno a moltiplicarsi sempre».

Il suo futuro?

«Arriva via mail! In questi anni ho partecipato a tributi in tutto il mondo, ho anche formato una cover band anni ’80 negli Usa, e in estate suoniamo ai festival.

Mi piacerebbe viaggiare un po’ meno e suonare di più con loro. Partecipo a tanti album, dall’hard-core metal al prog alla new age: accetto qualsiasi sfida». —

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