Con Kepler 452 un album per riflettere sulla memoria
Il nuovo spettacolo di Nicola Borghesi per Css. Appuntamento da giovedì 10 aprile a sabato 12 al Palamostre di Udine

Torna a Udine, al Palamostre per Teatro Contatto giovedì 10 e venerdì 11 e sabato 12 aprile alle 19 e alle 21. li, Album. Kepler 452 (dal nome del pianeta di recente scoperta dalle caratteristiche simili al nostro) è stato fondato nel 2015 da Nicola Borghesi, autore e interprete di Album, e da Enrico Baraldi e Paola Aiello, tutti diplomati alla Nico Pepe di Udine.
Ed è una delle formazioni del giovane teatro italiano di più specchiata riconoscibilità e originalità che ha fatto “dell’invenzione di dispositivi artistici di messa in scena della realtà” , il fondamento della sua poetica, “realizzando reportage teatrali, coinvolgendo non professionisti (o attori-mondo), esplorando luoghi poco frequentati per raccontarli, creando e armonizzando, sulla base di libere associazioni, gruppi improbabili di esseri umani”. In questo Album però la scelta poetica è forse meno radicale: un’indagine sui luoghi della memoria e sulle sue possibili declinazioni.
Ma come nasce Album? «Album – spiega Nicola Borghesi – è frutto di una bando europeo vinto qualche anno fa ed è una coproduzione tra l’Italia e l’Ungheria. E alla domanda cosa avessero in comune questi due paesi, anzi nazioni come amano chiamarle i suoi governanti, la risposta è stata facile: due governi di estrema destra. E da questa suggestione nasce l’idea di lavorare sulla memoria e sulla perdita fisica della memoria, proprio perché è la perdita della memoria storica che ha caratterizzato l’ascesa di questi due governi. Abbiamo quindi affrontato la malattia dell’alzheimer, sulle patologie che portano alla dimenticanza sulle quali abbiamo lavorato frequentando i luoghi in cui queste vengono affrontate e vissute».
Ma l’aggancio sociale e politico che è modalità specifico del vostro lavoro?
«Mentre provavamo lo spettacolo, eravamo a Mondaino in Romagna, c’è stata la grande alluvione del 2023. E molto presto abbiamo trovato un collegamento molto efficace tra la perdita della memoria e questi oggetti che trovavamo per le strada, memorie concrete di vite e storie spazzate via della furia dell’acqua. Ed è scattato subito uno strano cortocircuito tra quanto si andava dicendo alla tv che noi emiliani avremmo ricominciato da dove eravamo rimasti e il fatto che quella alluvione era proprio il frutto di stili di vita che bisognava cambiare per evitare in futuro altre catastrofi simili. Stili di viti da rimuovere, cioè da dimenticare».
Quindi che cosa succede in scena?
«Lo spettacolo non ha una pianta frontale e io che sono il solo attore in scena mi muovo in mezzo al pubblico che si siederà in uno spazio in cui sono riprodotti piccoli ambienti nei quali avranno luogo scene di vita quotidiane legate sia all’Alzheimer sia all’alluvione. E, anche con interventi di immagini registrate o in presa diretta, ripercorro con gli spettatori in una situazione di stretta intimità l’indagine che ci ha portato alla definizione del spettacolo».
Un modo quello di rapportarvi con il pubblico, inconsueto e non tradizionale, che è la cifra forse più forte della vostra poetica teatrale. O mi sbaglio?
«No, perché anche negli spettacoli “frontali” c’è un po’ il sovvertimento, spesso in scena con noi ci sono spettatori. Perché quella della contiguità e vicinanza con gli spettatori è una dimensione che ci ha sempre molto affascinato».
Il suo rapporto con Udine, visto che i vostri spettacoli sono stati più volte nei cartelloni del Css, e anche che vi siete formati alla Nico Pepe.
«È stata una partenza alla grande, perché la Nico Pepe, a differenza di altre accademie, ha avuto un’idea di formazione dell’attore più contemporanea e ti offre un ventaglio di approcci a metodi diversi, a pedagoghi e registi molto vari: lì ha capito che il teatro è possibile farlo in tante modalità tutte efficaci e plausibili».
Come definirebbe allora il suo teatro?
« Kepler 452 è un teatro sicuramente molto politico, ci piace studiare la realtà relazionarci col presente, guardarlo da vicino. Gli spettacoli nascono dal nostro sostare anche per tempi lunghi in luoghi che decidiamo poi di raccontare e teatralizzare».
E a questo proposito da segnalare l’ultima esperienza del gruppo bolognese, un mese trascorso su una nave di soccorso ai migranti, da cui è nato lo spettacolo A place of safety Viaggio nel Mediterraneo Centrale, prodotto anche dal Css e che vedremo nella prossima stagione di Contatto.
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