La compagna di Pierluigi Cappello: «Cosí coltiverò la sua eredità umana e poetica»

UDINE. L’eredità di un poeta, l’eredità culturale, è cosa preziosa che va tutelata e adeguatamente preservata, perché non diventi fonte di strumentalizzazioni, spesso anche di appropriazioni più o meno debite.
Ma soprattutto va trasmessa, veicolata ai più affinché non rimanga pagina morta, reperto museale, o impolverisca sugli scaffali di una biblioteca.
Ed è quello che hanno pensato un gruppo di persone che sono state molto vicine a Pierluigi Cappello, subito all’indomani della sua scomparsa (primo ottobre del 2017), affinché l’eredità, poetica, ma anche morale, di questo nostro grande autore non andasse dispersa.
E così è nata l’Associazione culturale Pierluigi Cappello, presieduta dal fratello Stefano. «È stato un passo nato da sé, quasi naturalmente – ci racconta Fabiola Bertino, la compagna di Pierluigi –. Si trattava di prendere una decisione circa alcuni inediti di Pierluigi, che non erano tanti, ma di cui sentivamo il peso specifico molto elevato.
Una pubblicazione ad hoc vista la quantità dei materiali – tre blocchi narrativi che dovevano essere la prima parte di un’opera rimasta forzatamente incompiuta e otto poesie – non giustificava oggettivamente lo sforzo editoriale».
E invece? «Ci siamo allora confrontati con la Rizzoli, e abbiamo deciso di farli confluire nel volume, “Un prato in pendio”, affidandone la cura a tre redattori, Alessandro Fo, Gian Mario Villalta ed Eraldo Affinati, tre studiosi e scrittori che avessero avuto con lui anche un rapporto personale».
E il volume dove sono raccolte tutte le sue poesie, dal 1992 al 2017, è il primo passo dell’Associazione, un grande passo. È così? «Credo di sì. Lui era una persona molto rigorosa, per questo si trattava di fare la scelta più in sintonia con la sua sensibilità e cultura».
Che significa per l’Associazione farsi carico dell’eredità di Cappello? «Significa tutelarla e diffonderla. L’Associazione vuole diventare un punto di riferimento per chi vuole dare vita ad attività che lo ricordano. L’intento è poi, con il tempo, anche di promuovere seminari, incontri di studi.
Per questo stiamo costituendo un comitato scientifico a garantire la qualità degli interventi, nel rispetto della sua volontà e del suo modo di essere, al fine anche di evitare passi impropri. Si sono detti disponibili a collaborare, tra gli altri, Alessandro Fo, Eraldo Affinati, Susanna Tamaro, Stas’Gawronski».
Sede dell’Associazione è la casa di Cassacco dove Pierluigi è vissuto negli ultimi due anni e dove tutto è rimasto come era, al momento della sua morte, perché quella casa era la proiezione della sua missione di poeta, con tanta luce, solare, ariosa.
«Come solare era Pierluigi, che nonostante le tante avversità aveva sicuramente imparato dalla sua vita a gestire anche la sofferenza e ti rimandava indietro quel suo sorriso disarmante. In più Pierluigi aveva una capacità rara, se non unica, di riuscire a tirar fuori il meglio dalle persone e quindi coltivava rapporti con tante persone, anche con quelle molto diverse da lui. E con tutti creava una personale sintonia».
Tra le iniziative che verranno messe in cantiere, l’Associazione intende riservare una particolare attenzione alle scuole e ai giovani, ai quali Pierluigi ha ancora molto da dire e offrire, «soprattutto – sottolinea Bertino – comunicare la passione con cui affrontava la scrittura, ma anche il modellismo, l’altra metà della sua anima.
E soprattutto la vita. E questo oggi credo che sia un messaggio non di poco conto. Credere in sè e nella vita. Coltivare un passione, pensando ai ragazzi, è l’unica ancòra di salvezza che abbiamo».
Cosa si augura per il futuro del poeta Pierluigi Cappello? «Vorrei che succedesse alla gente che lo incontra nei suoi libri, quello che è successo a me. Io l’ho conosciuto attraverso i libri e dopo di persona con grande paura: avevo il terrore di rimanere delusa.
Quello che aveva letto era per me sconvolgente e in sintonia perfetta con il mio modo di essere e la meraviglia è stata scoprire che non c’era nessuna spaccatura tra l’uomo e lo scrittore. Mi piacerebbe questo: che si potesse fare in modo che le persone, incontrando le sue parole incontrassero l’uomo che è dentro quelle parole». –
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