«La decrescita felice unica via per evitare l’autodistruzione»

Maurizio Pallante teorico dell’etica della rinuncia in economia oggi a Tolmezzo Il suo nuovo libro: “Sostenibilità, equità, solidarietà”. Domani a Bagnaria Arsa

Si intitola “Sostenibilità, equità, solidarietà – un manifesto politico e culturale”, l’ultimo libro di Maurizio Pallante, massimo teorico italiano della “decrescita felice”, che sarà presentato oggi, alle 20.30, a palazzo Frisacco di Tolmezzo e l’indomani, alla stessa ora, nella sala parrocchiale di Bagnaria Arsa. In questa intervista l’autore spiega come il mondo stia portando avanti errori o equivoci, quali la stessa idea di sviluppo sostenibile. Per evitare l’autodistruzione – dice - occorrono altre concezioni e altri stili di vita.

Un nuovo manifesto. Perché quello di centosettant’anni fa è basato su un equivoco...

«Destra e sinistra sono le varianti storiche di due pulsioni universali ed eterne, quella all’uguaglianza e quella alla disuguaglianza. Ma considerano ambedue positivo il passaggio dall’economia preindustriale a quella industriale, dividendosi sui criteri di distribuzione del profitto derivante dalla crescita della produzione consentito dallo sviluppo».

Invece la locuzione “sviluppo sostenibile” è un ossimoro...

«L’aggettivo è al servizio del sostantivo: lo sviluppo, che si cerca di rendere appunto sostenibile. È una vana attenuazione: in auto, rallentare puntando contro un muro serve a poco: ci si mette più tempo, ma alla fine si va a sbattere lo stesso. Al centro di tutto va messa la sostenibilità».

Vale a dire?

«La sostenibilità come la vedo io, è in rapporto alla fotosintesi clorofilliana. Esiste vita sulla terra perché ogni giorno il sole manda un flusso di energia luminosa che le piante utilizzano per ricavare, da acqua e anidride carbonica, uno zucchero semplice, il glucosio, che poi si trasforma rendendo possibile l’esistenza dei viventi tramite le catene alimentari. E la fotosintesi assorbe anche gli scarti metabolici delle attività umane».

Un processo da cui ci siamo tirati fuori, dice il libro...

«Dopo ottomila secoli, se guardiamo ai carotaggi. Nel ’900 in soli cent’anni abbiamo rotto l’equilibrio, e ora dobbiamo tentare di riparare. La politica ambientale non deve essere una parte di un programma politico, ma il discrimine centrale attraverso cui viene filtrato tutto».

In che modo?

«Puntando a realizzare tecnologie che riducano il consumo di risorse a parità di produzione, e inducendo nuovi stili di vita. Bisogna capire che la felicità non sta nell’accumulo. Anzi, il tanto avere compromette il benessere. Queste cose Pasolini le sapeva già più di quarant’anni fa».

Etica della rinuncia?

«La rinuncia implica l’attribuzione di un valore. Io non ho una tv, ma non ho rinunciato. Poi bisognerebbe smettere di adorare il Pil. Lo spreco di cibo lo incrementa, ma senza utilità, anzi con un aumento degli scarti putrescibili. Una casa mal coibentata lo fa crescere di conserva con l’effetto serra, mentre renderla efficiente permette di creare lavoro, e senza sacrifici, Perché i risparmi possono essere trasformati in quote d’ammortamento».

Nel libro si parla anche di migranti...

«Citando Leo Zannier. Questi sono liberi di dover fuggire. Si sta replicando quanto avvenuto in Inghilterra quando i contadini, con l’abolizione delle terre comuni e le leggi sulle recinzioni dei campi, sono stati costretti ad andare nelle fabbriche cittadine».

C’è anche lo sviluppo demografico, siamo passati da due a sette miliardi in cinquant’anni.

«I mammiferi fanno figli per proseguire la specie. E ne fanno tanti quando l’aspettativa di vita è bassa. Mia nonna ha avuto quattordici bambini, di cui cinque sopravvissuti. Mia madre quattro. Io due. Dirottare i nostri sprechi sulle popolazioni più prolifiche riequilibrerebbe la situazione».

Nel libro si dice che il valorizzare la dimensione spirituale è un atto di disubbidienza civile.

«Certo. Oggi le nuove chiese sono i centri commerciali, dedicati ai beni materiali e a nient’altro. Gli uomini hanno delle esigenze spirituali, avvertite anche da quelli che non le declinano in fede religiosa. Però si cerca di scoraggiarli, mantenendoli ancorati alla sola dimensione materiale».



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