La giravolta della memoria a Sarajevo: lapidi e targhe con versioni contrastanti

Il vicolo che a Sarajevo sale dal Ponte Latino sul fiume Miljacka verso nord è stato testimone di uno degli eventi più rilevanti del secolo scorso. Ma ha avuto anche l’indubbio privilegio di essere il luogo di una guerra della memoria durata novant’anni.
È qui che il 28 giugno del 1914 il giovane terrorista serbo-bosniaco Gavrilo Princip uccise l’erede al trono dell’Impero austro-ungarico Francesco Ferdinando, dando così indirettamente il via alla Prima guerra mondiale. Ed è qui che nei decenni successivi i governi che si sono succeduti al controllo del paese hanno cercato di imporre versioni contrastanti di quello snodo cruciale del secolo.
I primi a porre una lapide per ricordare l’evento furono gli austriaci, per i quali Princip era naturalmente solo un omicida. La lapide ricordava quindi “il luogo del martirio per mano assassina dell’erede al trono Arciduca Francesco Ferdinando e di sua moglie, la duchessa Sofia”.
Nel novembre del 1918 l’lmpero austro-ungarico cessò però di esistere. Sulle sue ceneri i vincitori decisero di creare una nuova costellazione di stati indipendenti. La Bosnia fu inclusa nel “Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni”.
I serbi, che mantenevano di fatto il controllo del regno e che avevano finanziato proprio il gruppo terroristico di cui faceva parte Princip, vedevano l’attentato di Sarajevo in modo molto diverso dagli austriaci: la targa fu rimossa e sostituita con un’altra dal tono del tutto differente: “In questo luogo storico”, essa recitava, “Gavrilo Princip proclamò la libertà il giorno di Vidovdan il 28 giugno del 1914”. Il riferimento era alla tradizionale festa serba del Vidovdan, che cade proprio il 28 giugno, e nella quale si ricorda la sconfitta subita ad opera dell’Impero ottomano nel 1389. Da assassino, Princip era diventato un eroe del nazionalismo serbo.
Le vicissitudini della regione non erano finite. Nel 1941 la Germania invase i Balcani e la Bosnia passò sotto il controllo tedesco. Princip tornava ad essere un assassino e l’omicidio un potente promemoria dell’odio contro gli austriaci che aveva infiammato la regione all’alba della Prima guerra mondiale. La targa dei Serbi fu così rimossa e inviata in omaggio a Hitler in occasione del suo cinquantaduesimo compleanno. La guerra finì nel 1945, e con essa l’occupazione tedesca.
Tito prese il potere con le armi e la Bosnia divenne quindi parte della nuova repubblica socialista federale di Iugoslavia. Il regime si preoccupò immediatamente di riscrivere nuovamente la storia e Princip, dopo essere stato due volte un assassino e l’eroe del nazionalismo serbo, divenne un eroe dell’internazionalismo socialista. “Da questo luogo”, recitava la nuova lapide, “il 28 giugno del 1914 Gavrilo Princip espresse con la sua pistola la protesta della nazione contro la tirannia e l’eterno anelito alla libertà del nostro popolo”. Sul marciapiede, vennero impresse due impronte per marcare il punto esatto da dove era stato esploso il colpo che aveva ucciso l’erede al trono.
Penultimo capitolo: quando nel 1992 la Bosnia divenne indipendente, Princip svestì i panni dell’eroe dell’internazionalismo socialista e rimise quelle dell’eroe serbo. Questa volta però con una connotazione tutta negativa: la targa fu distrutta, e le impronte impresse sul marciapiede ricoperte. La nostra storia si conclude nel 2004, quando sulla strada comparve una nuova targa che si limitava a ricordare, nei termini più neutri possibili, che proprio in quel luogo Gavrilo Princip aveva assassinato l’erede al trono austro-ungarico e sua moglie Sofia. Punto. Fino alla prossima giravolta della memoria.
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