La nascita e la morte: due eventi catartici che ci mettono in crisi

In libreria la nuova opera dello scrittore carnico Renzo Brollo. Lo spunto da un’operazione nel 1969 nel lago di Cavazzo

Francesca Schillaci

L’acqua è il simbolo che normalmente si ricollega alla madre e al legame col figlio. L’acqua è il simbolo della vita, elemento naturale dal quale ogni essere è destinato a nascere. Secondo la legge degli archetipi, infatti, l’acqua è anche il luogo della memoria, dell’ancestralità. Ma può questo elemento in qualche modo riferirsi anche alla figura del padre? Renzo Brollo nel suo libro Gli acquanauti (Bottega Errante, 198 pagine, 16 euro) ribalta come una clessidra lo spazio e il tempo tipici della simbologia, offrendo un racconto di padri e di figli immersi e sottratti alla vita proprio dalla potenza rivelatrice dell’acqua.

Nel giorno del funerale di suo padre, Lorenzo vede nascere suo figlio Niccolò. Immediatamente, il processo di colpa e di rinnegazione verso la figura paterna, si rivolta verso se stesso, imponendogli un confronto con la sua nuova responsabilità di genitore. Impossibile farlo senza prima aver risolto il nodo familiare che per tutta la vita l’ha nutrito di una rabbia antica verso l’uomo che, secondo lui, l’aveva abbandonato scomparendo misteriosamente, lasciandolo da solo con sua madre.

Inizia così per Lorenzo un viaggio dentro la memoria, che lo mette in contatto con le poche figure di riferimento a cui appellarsi, uniche testimoni della storia di suo padre. Il titolo dell’opera predispone il lettore a un approccio che si riferisce, di fatto, all’Operazione Atlantide avvenuta nel 1969 nel lago di Cavazzo, quando dodici giovani volontari vennero scelti da Luciano Mecarozzi per immergersi e vivere dentro tre contenitori strutturati per stare sott’acqua e restarci per alcuni mesi. L’autore, però, utilizza il fatto storico come espediente per un racconto intimista, che narra la crisi esistenziale di un giovane uomo di fronte agli eventi catartici di ogni essere umano: la nascita e la morte. Attraverso l’esplorazione delle costellazioni familiari, Lorenzo entra in contatto con la sua realtà più vicina, ne scruta le dimensioni e le possibilità fino a quel momento rinnegate. Il passato si spalanca come una porta su un burrone, mettendo in dubbio la rabbia che per Lorenzo è stato il ricostituente salvifico per sopprimere le domande e i dubbi, obbligando la madre al silenzio e all’oblio. “Mio padre, non avendo partecipato alla mia vita, l’ha riempita con la sua mancanza, costringendomi a pensarlo continuamente per poterlo dimenticare, in ogni singolo istante del mio tempo”.

Come una condanna, la peggiore a cui possa essere esposto un essere umano, la madre si ammala di Alzheimer, negando così al figlio per sempre la possibilità di accedere alla memoria di famiglia. Saranno dei documenti ritrovati in soffitta dentro un baule verde a segnare le prime tracce verso la riscoperta di suo padre, un uomo innamorato follemente del mare al punto da renderlo il suo luogo di vita, e non solo. “L’acqua è un linguaggio” dice il bigliettino che la moglie Giuliana lascia attaccato in casa per permettere a Lorenzo di non disperdere le nozioni acquisite, per segnare i primi passi verso il sentiero della memoria. Per iniziare a definire cosa sia essere un figlio e cosa comporti diventare un padre.

Tutto porterà là, in quel lago di Cavazzo dove “ci sono storie che restano appiccicate addosso – scrive Pietro Spirito nella postfazione – per tutta una serie di ragioni che vanno dalle implicazioni simboliche, storiche e sociali in cui sono maturate e si sono espresse, fino ai significati emotivi e psicologici, spesso reconditi, che sono in grado di evocare. L’Operazione Atlantide è una di queste.” —

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