La televisione italiana compie 70 anni, Maria Giovanna Elmi: «Era una Rai educata e garbata»

La celebre conduttrice ricorda il suo esordio nel ’74: «A fianco di Nicoletta Orsomando, poi divenni la “fatina”»

Gian Paolo Polesini

La Tv è settantenne. Sì, proprio oggi. Il 3 gennaio 1954 si accese improvvisamente un coso strano con dei pulsanti e con un tubo catodico avvinghiato a un grumo di cavi.

«La Rai, Radiotelevisione italiana inizia il suo regolare servizio di trasmissioni televisive», spiegò quella mattina l’annunciatrice Fulvia Colombo ai novanta abbonati privati. In un anno diventarono 24 mila.

Compleanno tondo, evviva. Il cinematografo ne ha 129, di anni, per non parlare del teatro: VI secolo a.C.

In sette decenni abbiamo cambiato troppi telecomandi, ci siamo rimbambiti non poco — collaudando la vera dipendenza da visione — e molti di noi hanno anche osato oltrepassare il vetro del televisore sollecitati dal nuovo piano delle tivù generaliste perché — sostanzialmente — costavamo e continuiamo a costare poco.

Togliendo i professionisti e inserendo i dilettanti, però, il sistema disciplinato della Tv di Stato ha mostrato il fianco peggiore scimmiottando le antenne milanesi invece di conservare la dignità dell’antico monopolio.

Negli anni Cinquanta i cittadini “non artisti” se ne stavano nei bar a vedere Lascia o Raddoppia? mentre quelli benestanti si “divanavano” a casa (un apparecchio costava circa duecento mila lire quando uno stipendio medio si aggirava sulle ottanta mila).

Totò, Alberto Lupo, Mina, Vianello, Tognazzi, Manfredi, Panelli… questo avevamo, cribbio. Adesso ci stiamo affidando da un bel po’ alla casalinga di Voghera e ai suoi amici di pianerottolo diventati i padroni degli studios.

Cosa è andato storto? Ecco, Maria Giovanna Elmi, la signorina buonasera più amata dagli italiani ben prima della Cuccarini. Lo stabilì un sondaggio del 1980.

Lei arrivò in Rai nel 1968 come apprendista e, dunque, ha l’autorevolezza per rispondere.

«Guardi, è solamente cambiata la società. La tv è una spugna e assorbe tutto ciò che le passa accanto. Nel Novecento eravamo persone educate, il mondo era garbato, ora lo siamo un po’ meno e la televisione si è adeguata. Nulla di strano.

Quando diventai una dipendente Rai nel 1974 mi ricordarono che sarei entrata nelle case degli italiani: “Dovete stare in punta di piedi esibendo il massimo rispetto”, mi dissero con severità.

Il mantra era: senso della misura, sempre. Ah, vorrei precisare una cosa: più che la più amata ero la donna che gli italiani avrebbero voluto sposare, questo risultò dalla ricerca».

Quale miraggio la calamitò in via Teulada 66 alla fine dei Sessanta?

«Un colpo del destino. Al tempo sfogliavo volentieri il settimanale “Grazia” e un giorno mi colpì un annuncio: cercavano ventidue fotomodelle. Imbucai la lettera con una mia foto.

Arrivò la risposta della Mondadori: papà aprì la busta pensando fossero libri da pagare e scoprì che mi avevano scelta per un provino con Elsa Haertter, una famosissima fotografa. Così mi ritrovai dentro un paio di Caroselli».

Poi?

«Al mare incontrai una signora che mi consigliò la Rai: “Lei ha il faccino bello da annunciatrice, lo sa?”, sentenziò, invitandomi a riempire il modulo di partecipazione. Vide lontano.

Un anno dopo da cinquecento ci ritrovammo in cinque. Sostenni un corso di dizione con Evi Maltagliati e uno di trucco. Fui assunta a cachet, il primo aprile 1974».

In che tipo di televisione entrò allora Maria Giovanna?

«Come dicevo poc’anzi: in una tv cortese. Iniziai a lavorare al fianco di Nicoletta Orsomando, per me lei rappresentava un mito assoluto, e a Mariolina Cannuli, Gabriella Farinon, Rosanna Vaudetti, con la quale divido uno spazio sul programma BellaMa’ di Pierluigi Diaco».

Da Elmi a fatina.

«Ne Il dirigibile ero la fata Azzurrina. Essendo bionda e minuta, fatina mi identificò restandomi appiccicato addosso per sempre».

E il Sanremo del 1977?

«Mike Bongiorno chiese alla Rai di essere affiancato da un volto amato, ma televisivo. La dirigenza gli propose un’attrice strepitosa, ma lui rifiutò. Accettò solamente quando gli indicarono la Elmi.

Altra curiosità: mi vestì Sabina Ciuffini, che ormai si occupava di moda, dopo la fama acquisita nelle edizioni di Rischiatutto».

Fu famoso un suo fuori onda prima dell’annuncio a reti unificate del discorso del presidente della Repubblica.

«Nel 79 c’era la terza rete, ma io non avevo il monitor. Mentre sull’Uno e sul Due trasmettevano altro, sul Tre gli spettatori mi videro mentre mi sistemavo i capelli e il décolleté come fossi davanti allo specchio aspettando di andare in onda».

Arrivarono anche Almanacco del giorno dopo e Sereno variabile.

«L’Almanacco per poco, giusto il tempo che la Perissi guarisse da una frattura, Sereno fu un’avventura magnifica per un decennio».

Lei è stata anche presidente del teatro Rossetti di Trieste.

«Per poco, non era un mestiere per me».

I prossimi settanta della tv, Elmi?

«Ci sono troppi canali, ma tornare a una televisione educata è possibile. Occhio alle piattaforme, hanno i mezzi per travolgere il passato. E comunque la televisione seguirà il mondo, come ha sempre fatto».

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