La Tv riBolle d’arte

Il magnifico “Danza con me” di Raiuno ha segnato la strada del futuro: classe e non pagliacciate 

Allora sapete ancora farli, i varietà, maledetti della Rai.

E io a pensare che ormai, morto Alberto Lupo, sparita Mina e con Celentano a pochi metri dagli ottant’anni, ci restasse solamente Tale e quale show per giustificare la generosa questua imposta dalla bolletta dell’Enel. Cioè pigliare conosciuti dispersi e truccarli da altri famosi più famosi.

Ci siamo arresi alle fabiofaziolate della domenica sera, arresi alle sanremate, arresi alle eredità millenarie, arresi al popolo bue che ha occupato tutti gli spazi televisivi, arresi e soggiogati dai quizzetti e inquinati dal vippeschi agglomerati casalinghi e isolani, non ci resta che il tubo del gas.

Poi, di lunedì, arrivò lui, Roberto Bolle, finora solo un corpo inarrivabile per qualunque terrestre (forse i plutoniani sono così, boh) poche parole, tanta fama impalpabile per noi che vediamo ogni giorno Uomini e donne. Noi nel senso di italiani, non fraintendete per piacere.

E da quando in qua la danza, in tv temuta per lo scarso appeal da qualunque divanaro imbronciato, si piglia una serata Raiuno il primo giorno dell’anno nuovo?

Oddio, Bolle immaginiamo possa tutto, anche far arrivare in orario un Frecciarossa, tanto più ballare dentro un cinquanta pollici d’ordinanza.

Danza con me ha cancellato in una sera d’inverno tutte le brutture sin qui digerite a forza di Maalox.

Abbiamo capito che non c’è soltanto Carlo Conti a saper menare il traffico scenico, se un bravo attore vuole sa muoversi.

L’avreste detto voi che Marco D’Amore, il Ciro immortale (più o meno) di Gomorra, avrebbe percorso un palco con la padronanza di Pippo Baudo? Meglio di Pippo, perché il presentatore esegue, mentre l’artista inventa. Come ci fosse nato là sopra.

Siamo disabituati a stupirci con un Tv di fronte, tant’è che non ci vengono su le parole buone, disperse in mezzo a tante offensive.

Persino il danzare continuo - un gesto che mai s’era visto dal ’54 a ieri - ci ha alleggerito dei pensieri scomodi invece di farci deviare su Canale 5. Livelli stratosferici.

Tutto si è elevato, nessuno ha spottato il film, nessuno si è perso in chiacchiere idiote, tutti hanno eseguito, finalmente ognuno ha distribuito il proprio sapere a favore nostro. Ma quando mai?

Scenografie pazzesche, un fantastico viavai di personaggi. Virginia Raffaele ha ballato, Geppi Cucciari ha divertito, Tiziano Ferro ha cantato, Pif, ecco Pif, poteva evitarci lo sketch poverello, Miriam Leone, be’, mettete a letto i bambini poi ne parliamo, e Roberto Bolle, ecco lui. Molta farina del suo sacco, ’sto varietà. Che pare sceso da Marte, invece dovrebbe essere la normalità.

Una vita fa Marco Paolini portò il suo Vajont su Raidue. Qualcuno disse: la gente non gradirà la cultura alle 21, chiede scemenze per liberarsi dal male quotidiano. Invece quel teatro sensibile ruppe qualunque regola.
Si può fare. La televisione può fare tantissimo.

Insegnò a scrivere all’Italia dei Cinquanta e sviò nelle pagliacciate quando la politica pretese di avere un popolo scemo da fottere. Ora rivogliamo la classe di Studio Uno. Se ci mettiamo in testa di ridiventare civili, la televisione può aiutarci. Chiudendo i grandi fratelli vip in un carcere di massima sicurezza, facendo sbarcare caimani sulle isole dei naufraghi italiani, abituando la signora Pina di Poggibonsi a spegnere il coso quando il rispetto manca. Proviamoci.

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