La vita di Zanussi diventa un film: «Un uomo che suscita rispetto»
L’attore e fotografo Raffaello Balzo interpreta il grande capitano d’impresa di Pordenone

È giunto il tempo cinematografico per ripensare alla vita di Lino Zanussi, un grand’uomo “dei nostri” che nasce in terra pordenonese agli inizi del Novecento. Riuscendo a guardare ben oltre l’orizzonte della logica dell’epoca, Zanussi creò un impero: chi avrebbe mai investito nel gas mentre l’azienda paterna (con oltre 13 mila persone a busta paga) andava forte con le cucine economiche? Lui, Lino. Forse nessun altro.
“Cavalcando la tigre”, di Piergiorgio Grizzo, sua anche la sceneggiatura, è il titolo di un docufilm ancora in levare sul set friulano. L’ultimo ciak sarà battuto a luglio e la prima nazionale ha già una data: il 14 settembre al Cinemazero di Pordenone, nel bel mezzo di pnlegge.
Fa piacere ritrovare nei gesti di Zanussi un attore che torna dietro una cinepresa durante una lunga avventura fotografica, dopo aver macinato tanta tv e cinema: Raffaello Balzo, uscito dall’anonimato di Artegna nel 1999 quando una giuria nazionale gli conferì la fascia del Più bello d’Italia, e protagonista, in seguito all’incoronazione, di un’intensa galoppata televisiva: da “Un posto al sole” al cult “Elisa di Rivombrosa”.
Balzo, come mai ha appoggiato sul tavolo la sua reflex per tornare su un set?
«Mi ha affascinato la proposta di Grizzo su Lino: lui mi raccontò il progetto — a cura dell’associazione La Voce di Mario Sandrin, subito condivisa da Stefano Candiani, uomo di finanza di pluriennale esperienza — con un tale entusiasmo che mi fu impossibile dirgli di no. In questi anni ne ho scartati parecchi di copioni, sebbene mi fossi riproposto di riprendere le emozioni perdute. Piergiorgio è riuscito davvero a convincermi. Entrare nel mondo di Zanussi avrebbe premiato qualunque ego, il mio compreso».
Che sensazioni si è sentito addosso nel diventare Zanussi? E, soprattutto, in che modo l’ha studiato?
«Rispetto, innanzitutto. Pochi aiuti, in verità. Se non la memoria della figlia, qualche scatto, pochissimi filmati e alcune testimonianze. Ho agito per sensazioni mie e suggerite. Il nostro è stato un lavoro corale, il miglior sistema per favorire l’interpretazione più sensibile. In una scena, tanto per raccontare un piccolo aneddoto, il regista mi chiese di fumare una sigaretta. Zanussi era un tabagista convinto. Io non ho mai acceso una bionda in vita mia. Nessun problema, pensai. Tirai a petto per essere credibile, ma alla fine della cicca provai strane sensazioni tanto da ricordarmi a malapena cosa ci facessi in mezzo a tutta quella gente e vestito in modo strano. Poi, fortunatamente, tornai Raffaello, ma non subito».
C’è una scena girata anche sulla diga del Vajont nel 1944.
«Lino Zanussi, a bordo della sua Balilla, trasporta grano e viene fermato dalle truppe germaniche. I truccatori hanno davvero trasformato il mio volto: dal Livio ventenne e quello quasi cinquantenne che sta per salire sull’aereo diretto in Spagna, che tragicamente cadde vicino a San Sebastian, uccidendo lo stesso imprenditore e altre cinque persone Era il 18 giugno 1968».
Dalle stufe alle cucine a gas, un’azienda che finì per insediare il potere degli Agnelli.
«Curioso, fra l’altro, come avvenne la metamorfosi: con una bugia. Quando l’Italgas propose l’affare a Zanussi, lui disse che la sua fabbrica avrebbe potuto produrre mille pezzi al giorno, quando — in quel momento — non era attrezzata a costruirne nemmeno una di cucina a gas. Il suo collaboratore gli chiese il motivo di quella risposta azzardata e il boss rispose: “Avrei mai potuto lasciarmi scappare un’occasione ghiotta come questa?”. E in pochissimo tempo rivoluzionò l’azienda».
Ricordiamo di lei, oltre ai già citati Un posto al sole ed Elisa di Rivombrosa, Compagni di scuola, L’isola dei famosi…
«Col titolo in tasca divenni modello internazionale e, subito dopo, entrai nello spettacolo. Be’, per completare la lista mancano Ris, Provaci ancora Prof, il film Matrimonio alle Bahamas, Centovetrine e tante altre produzioni». Il fotografo Balzo da dove viene fuori? «Da una passione antica. All’inizio nessuno si fidava di me, quindi con la pazienza riuscii a farmi capire e firmai molte copertine di Gente, Oggi, Diva e donna e alcuni servizi interni di Vanity Fair».
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