Lang Lang: se non dai emozione col grande pubblico non funziona

Sandro Cappelletto

Un matrimonio, il primo (lo scorso weekend a Parigi con la pianista tedesco-coreana Gina Alice Redlinger, 24 anni), e un disco, il sedicesimo, segnano la primavera di Lang Lang. Il pianista cinese di 36 anni appare del tutto ristabilito dalla tendinite al braccio sinistro – diffusa malattia professionale – che nell’autunno del 2017 lo aveva obbligato a rallentare i vertiginosi ritmi produttivi. Incontrarlo, significa entrare in una dimensione star-system che, tranne rarissime eccezioni (lui è una di queste) è riservata agli attori cinematografici e a qualche cantante pop, in genere avanti con gli anni.

Capace di trasmettere l’empatia di quel “pensare positivo” che lo caratterizza e aiuta a comprenderne il successo, ha affrontato un New York – Roma – New York in un giorno per presentare “Piano book”, il nuovo cd prodotto dalla Deutsche Grammophon. Nell’aprile 2020, alla Scala di Milano, eseguirà “Le variazioni Goldberg” di Bach.

Nell’album lei alterna autori molto diversi – Bach e Sakamoto, Beethoven e Scott Joplin, Debussy e Mozart, Schubert e canzoni popolari cinesi… Come li ha scelti?

«Tutti gli appassionati di musica, tutti i ragazzi che studiano pianoforte conoscono questi brani e sanno che suonarli bene non è facile. Ho voluto farli apparire per quello che sono: veri capolavori. Quanto alla musica popolare, è essenziale per l’identità culturale di tutti. Ha influenzato profondamente i compositori classici».

Ogni ascolto dura pochi minuti. Pensa che oggi la capacità di mantenere a lungo l’attenzione sia diminuita?

«È molto diminuita. Un problema che riguarda tutte le arti, non soltanto la musica classica».

Uno studioso italiano, Piero Rattalino, sostiene che oggi gli interpreti di musica classica sono diventati “freddi”, non sanno trasmettere emozioni.

«Se non dai emozione, sincera emozione, il concerto non funziona. Il grande pubblico, che magari non è educato musicalmente, lo conquisti soltanto con l’emozione».

La sua autobiografia non è un capolavoro letterario, ma racchiude pagine molto sincere quando racconta la durezza della sua formazione, la spietata competitività tra i giovani musicisti cinesi. È ancora così?

«Era un’epoca molto più dura. Allora la Cina non era connessa, era ai margini del mondo, oggi è al centro. La gente ha più soldi, può viaggiare, studiare all’estero, scoprire altre opportunità di carriera e il mercato musicale si è enormemente allargato». —





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