L’attrice Mansutti in “Non mentire”, storia di vendette e donne violate

La professionista friulana recita con Preziosi. «Il mio è un personaggio dalla doppia identità»

Gian Paolo Polesini

Non mentire. Alle volte è una preghiera rivolta a qualcuno, ma stavolta è il titolo di una serie Tv marchiata Mediaset e, ora, saltata sulla piattaforma Netflix. Il colosso statunitense ha intuito la modernità dell’opera che fluttua con determinazione nella feroce contemporaneità delle donne stuprate – alle quali non sempre basta dire: «No, non voglio» – e il risultato cinematografico è davvero pregevole.

Ai due protagonisti Alessandro Preziosi e Greta Scarano, bravissimi nel palleggiarsi le iniziali responsabilità, sembrando entrambi colpevoli ed entrambi innocenti, si affiancherà nella puntata decisiva l’attrice friulana Maria Sole Mansutti, già sul podio, sempre in zona Netflix, con “Summertime”, le stagioni della teen-ager comedy ambientata a Cesenatico e dintorni.

Giusto per lanciare un invito ai lettori, facciamo una veloce sintesi di ciò che accade?

«La trama è semplice, in realtà. Un celebrato chirurgo rimasto vedovo accetta l’invito a cena della sorella di una sua infermiera, appena lasciata dal fidanzato. Il classico chiodo schiaccia chiodo che, a volte, funziona. La serata andrà bene finché lei lo farà salire a casa sua. La ragazza, che nella fiction si chiama Laura, si sveglierà al mattino convinta di essere stata stuprata. Facile intuire che da qui prenderanno slancio una serie di situazioni spiacevoli strutturate per allontanare la verità dal suo baricentro».

Ci s’imbatte da subito in un j’accuse della vittima lanciato sui social al suo boia. Ma è ancora tutto molto nebbioso. Da cui si evince la pericolosità del mezzo se usato in modo improprio.

«Ciò che si scrive su certi canali popolari, agli occhi di chi legge, appare spesso come autentico, soprattutto se una donna si ritrova a denunciare una violenza. Il guaio è l’uso inopportuno: e intendo una vendetta personale. Il destinatario, soprattutto se innocente, per sempre si porterà quel marchio addosso. Questo è un tema da approfondire con determinazione».

Il suo è un personaggio all’inizio ambiguo, poi si rivela…

«Non è la prima volta che mi assegnano ruoli dalla doppia identità, evidentemente mi calzano bene».

Qual è il cuore pulsante di “Non mentire”?

«Direi la tenacia di Laura. E credo sia questo un atteggiamento necessario per trovare giustizia. Molte donne si lasciano sconfiggere dalla paura e abbandonano la lotta. Se una fiction può aiutare a non mollare mai, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo».

La scelta di Maria Sole: fare l’attrice.

«Anche per cercare di cambiare qualcosa interpretando donne che lasciano il segno. Magari se un messaggio importante è diffuso da un personaggio della tv o del cinema è più incisivo, arriva con maggiore impeto nei salotti. Frequentando i corsi dell’Accademia d’arte drammatica mi ero riproposta questo obiettivo: il teatro come forma di divulgazione dei pensieri colti e soprattutto utili a migliorare la vita».

Un altro ragionamento che sfugge da “Non mentire” è: quando gli uomini sono davvero insospettabili, invece…

«Il caso del chirurgo stimato e irreprensibile è perfetto. O anche, se vogliamo, un’altra tematica: ovvero la donna che viene presa per pazza. È un terreno molto scivoloso e, per questo, una serie scritta molto bene come “Non mentire” può scatenare discussioni».

La firma è inglese, solitamente sinonimo di qualità. In Gran Bretagna è già in onda la seconda stagione: e in Italia?

«Già, in Inghilterra è in onda. Da noi c’è un finale che dà delle risposte, sebbene qualche sospensione resti nell’aria. Stiamo aspettando ordini».

Spesso lasciar passare un anno e più per il sequel ti fa abbandonare la visione. Uno dovrebbe rivedersi tutto…

«Vero, ma il seguito dipende dal successo o meno della prima stagione. Solamente se il pubblico farà capire di gradire un altro atto, si procederà a scrivere una nuova avventura. Funziona così, con i rischi del caso».

E i progetti suoi? Se ce ne sono.

«Guai a non averne. Starò un po’a Udine, dopo 24 anni di Roma, poi volerò a Berlino e il prossimo anno tenterò di lavorare a Bollywood, in India. Credo che osare sia una buona ricetta per il benessere».

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