Le monete nascoste ad Aquileia

Nel foro romano 16 tesoretti, dal 1829 ai suoi giorni, di cui 8 in monete d’oro, per un complesso di 680 aurei

Nel 1887 Valentino Ostermann, noto studioso friulano, in un suo articolo apparso sugli “Atti dell’Accademia di Udine” a proposito dei recenti rinvenimenti di epoca romana effettuati a Gervasutta, elenca, in appendice, 16 tesoretti di età romana in Aquileia, dal 1829 ai suoi giorni, di cui 8 in monete d’oro, per un complesso di 680 aurei. Dei ripostigli ben sette contenevano monete del V secolo, in un solo caso sicuramente posteriori alla venuta di Attila. Purtroppo non sappiamo di più sui luoghi di rinvenimento.

A questi dati va aggiunta una notizia data dal Brusin in un suo articolo pubblicato da “Il piccolo” il 29 ottobre 1960, credo non molto nota.

“Nel secolo scorso … Aquileia ha restituito un notevole ripostiglio di monete d’oro che Dio solo sa dove sono finite. Due operai, la cui attività nel periodo invernale consisteva nel cavar pietre archeologiche che venivano poi vendute, servendosi per far più presto delle mine che frantumavano le strutture degli edifici i più massicci, come lo era, a Sud della basilica, il palazzo imperiale [N.B. quello che oggi consideriamo i magazzini eretti dalla fine del III secolo e citati all’inizio del VI ancora da Cassiodoro], un vero castello, fatta brillare proprio qui la mina videro nella grande buca prodottavi un pentolino colmo di lucenti monete d’oro. Il più scaltro dei due mandò l’altro a vedere se dalla strada non venisse qualche importuno, intascandosi nel frattempo un certo numero degli aurei. Il resto fu indi diviso in parti uguali.

E poi? So che uno di essi - l’ho sentito dalla sua viva voce quand’ero piccolino – si recò a piedi a Trieste per vendere il quantitativo di monete che gli era toccato. Non ricordo se l’acquirente sia stato un orefice o altri, certo che le monete furono pagate solo per il valore dell’oro rappresentato da esse. Nessuna notizia non ho poi mai avuta del ripostiglio “.

La precisa indicazione ci fa pensare che il ritrovamento possa essere avvenuto entro gli anni Ottanta del XIX secolo, quando era in uso di demolire le rovine romane, ancora in piedi, con l’uso di mine.

Nel medesimo articolo il Brusin dà notizia anche di un altro rinvenimento, nell’ambito del porto fluviale da lui rimesso in luce. “Anni fa in una ipobase del portico del mercato coperto esistente lungo il porto fluviale fu notato un mattone che sporgeva dalla struttura o costruzione in modo insolito. La cosa incuriosì l’operaio dello scavo che volle rendersi conto della stranezza e con un colpo di piccone spezzò il mattone.

Vi uscirono allora, aderenti a un blocchetto di malta, cinque lucenti monete d’oro che rotolarono in terra. Le monete erano di Valentiniano I e II e di Valente, della fine cioè del 4° secolo e costituivano probabilmente il modesto peculio di un rivenditore della zona. Questi nelle lotte fra Teodosio e Massimo che si svolsero nel 388 in Aquileia e dintorni avrà pensato di affidare i suoi soldi d’oro a un nascondiglio murato dal quale non gli riuscì poi di riprenderselo e dove esso rimase indisturbato fino al nostro fortunato recupero”.

Va messo in risalto il fatto che per i ripostigli di monete d’oro erano stati scelti luoghi di carattere commerciale, come i magazzini del porto fluviale e anche i grandi horrea a sud della basilica, forse da persone che avevano frequentazione di questi luoghi, e un luogo “sicuro” nell’episcopio, forse scelto da un chierico o persona vicina alla gerarchia ecclesiastica.

Per il periodo successivo possiamo ricordare singoli rinvenimenti di aurei, anche in luoghi non troppo distanti. Pochi anni fa una moneta emessa da Leone I tra 462 e 464 è stata rinvenuta presso le mura meridionali, nei fondi ex Pasqualis. Altra moneta di Anastasio (491-518 d.C.) si rinvenne in un luogo imprecisato, a ovest del foro di Aquileia, come mi comunicò Aldo Candussio, purtroppo scomparso nel 2017. Di un aureo emesso dal medesimo imperatore, rinvenuto a Concordia, Michele Asolati ritiene che fosse stato portato là dai Bizantini, verso la metà del VI secolo.

Ricordo che due identiche monete auree emesse a nome di Giustiniano si rinvennero a Udine, nel muro a nord della Casa della Contadinanza in Castello, nel 1854, e alcuni anni fa nel muro meridionale dell’abitato dei Goti presso Attimis. Sembra possibile che le due siano state intenzionalmente deposte in occasione dell’erezione dei muri di difesa. Ci si domanda se sia possibile che la medesima spiegazione possa valere anche per il muro di fortificazione di Aquileia, certamente preesistente, ma forse soggetto a lavori di rinforzo e consolidamento dopo la venuta degli Unni.

Si ritiene che l’interramento di monete d’oro sia chiaro indizio di grave timore in caso di guerra. Sembra possibile che alcuni dei ripostigli che abbiamo indicato sopra siano stati nascosti in prossimità della venuta di Attila, come ci immaginiamo, senza ovviamente averne alcuna prova, che le monete di Elia Verina (emesse intorno al 470 d.C.) siano state sepolte per la paura dell’avvicinarsi dei Goti.

L’altra notizia che i ripostigli ci danno è l’ampiezza dei beni monetari in metallo nobile posseduti dagli Aquileiesi. Si noterà come dopo la metà del V secolo il numero dei ripostigli e soprattutto la loro consistenza si riduce fortemente, segni di una minor diffusione della moneta aurea e forse anche di condizioni economiche ben diverse. Il fatto che alcuni di essi siano da localizzare presso la basilica deriva solo dalla maggior conoscenza che abbiamo dell’area e dalle più dettagliate informazioni su di essi che sono state fornite nel Novecento.

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