L’eredità di Tina Modotti: un mito rivoluzionario a 127 anni dalla nascita

A palazzo Roverella di Rovigo a settembre apre la mostra monografica. L’artista è stata ricordata con una cerimonia in via Pracchiuso a Udine

Attilio Gatto

Basta lo sguardo per valutare la personalità di Tina Modotti. Domina la scena nel film hollywoodiano “Pelle di Tigre” – 1920, lei ha 24 anni – diretto da Roy Clements, restaurato dalla Cineteca del Friuli di Gemona. C’è il regista, c’è il trucco, ma quei movimenti da attrice dotata, quei passi di ballo, quell’abilità nello spazio davanti alla macchina da presa, quegli occhi mobili, morbidi, potrebbero uscire dal grande schermo e attirare ogni uomo che incontrano. È una donna non comune, appassionata di fotografia, ma sul set si trova a suo agio e probabilmente avrebbe potuto fare anche la pittrice o la ballerina. La Modotti non conosce limiti, è una donna rinascimentale dal lato artistico e nella vita disinibita, passionale. Se s’innamora, quell’uomo o quella donna, non se li fa scappare. Frida Kahlo e Tina Modotti, libere e rivoluzionarie, oltre che amiche, sono state amanti. La Modotti è arrivata in Messico dall’Italia, famiglia umile, socialisti. Tina è nata a Udine, nel quartiere di Borgo Pracchiuso, il 17 agosto 1896. Suo padre Giuseppe, carpentiere e meccanico, decide di emigrare in Austria, dove la madre, Assunta Mondini Saltarini, dà alla luce i cinque fratelli e sorelle di Tina. Lei ha uno zio paterno, che ha uno studio fotografico e già da bambina va alla scoperta dei misteri della fotografia e affina una predisposizione naturale, divenendo anche compagna di strada di affermati fotografi. La meraviglia della fotografia e la fatica del lavoro minorile. Il padre li lascia in Austria ed emigra in America. Bisogna far soldi per vivere e andare avanti. Intanto anche Tina lavora in una fabbrica tessile per aiutare la famiglia. Vivono lontani, in paesi stranieri e gli emigrati, si sa, non essendo ben visti, devono fare il doppio del lavoro nella speranza di farsi apprezzare. Frida è una pittrice che prende dalla tradizione e dall’immaginazione, per un certo periodo invade il campo del surrealismo ma poi lo rinnega, In realtà il suo talento è inclassificabile, è moglie del grande muralista Diego Rivera. Sono comunisti, impegnati politicamente per un Messico che cresce nella solidarietà. Ma tutta l’arte di Frida è condizionata da una sfortunata adolescenza. Prima una spina bifida curata per poliomielite. Poi un gravissimo incidente in autobus che la lascia viva per miracolo: viene trafitta da una maniglia e le si lesiona la spina dorsale. Ma il corpo non è tutto, scorre un mare di sensibilità intorno a Frida. E lei resiste, diventa una pittrice che ha come maggior soggetto se stessa. Il suo corpo messo a dura prova acquista prestanza e voglia di muoversi, di essere apprezzato, quando incontra i suoi amanti. Ne ha avuti tantissimi, uomini e donne (tra cui Lev Trockij, Tina Modotti e André Breton) che non si sono fermati all’esile costituzione, ma hanno apprezzato la donna che, dipingendo sé stessa, colorava il mondo. L’arte, anche se la Modotti odiava la parola (“io sono una fotografa”), la ricerca della felicità, della vita, nel Messico post rivoluzionario, l’amore senza pregiudizi, l’adorazione per il paesaggio, la lotta contro ingiustizie e povertà, ogni cosa per un mondo migliore. La strada é tracciata. Le fanno conoscere George Weston che la mette alla prova e scopre un talento: Tina impara in fretta, fa l’aiutante, la modella e diventa l’amante. Ma lei, diversamente da Weston, che cerca la bellezza, vuole fotografare la realtà, il Messico povero, le famiglie in difficoltà, che chiedono il cambiamento del Paese. E infatti va in Spagna, a combattere la guerra civile contro Francisco Franco. Ci va con Vittorio Vidali, molto legato all’Unione Sovietica. Tornati in Messico arriva il regalo di Stalin: un sicario uccide Trotskij, rifugiato in Messico. Tina Modotti muore a Città del Messico il 5 gennaio 1942 in circostanze che hanno alimentato dubbi e sospetti. Dopo aver avuto la notizia della sua morte, Rivera affermò che fosse stato Vidali a organizzare l’omicidio. Tina poteva "sapere troppo" delle attività di Vidali in Spagna, incluse le voci riguardanti 400 esecuzioni. Ma non c’è niente di accertato. Neruda difese Vidali. Il grande poeta cileno compose l’epitaffio, una parte del quale è stato inserito nella tomba della Modotti. «Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente, sorella…».

Al palazzo Roverella di Rovigo il 22 settembre 2023 aprirà i battenti la più grande mostra monografica proposta su Tina Modotti, un tributo alla fotografa udinese che il gruppo “Amici di Tina” ha inteso proporre con una breve cerimonia in via Pracchiuso in occasione del 127° anniversario della sua nascita.

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