Lerner e le colpe dei media: guai ad alimentare i fanatismi

Il volto noto del giornalismo tv e d’opinione sabato terrà lezione a San Daniele. «Sul caso degli immigrati il guasto piú grave è aver voluto suscitare paura»

SAN DANIELE. Quanto pesa il giornalismo sulla coscienza critica e culturale dei cittadini? Facile dire che pesa enormemente, come enorme è il rischio che dal “buon giornalismo” si scivoli nella “pessima informazione”.

«Il giornalismo ha il potere di censurare o di riprodurre, calcando la mano, tutto ciò che ci spaventa, permettendo il crearsi e il dilagare dell’isteria collettiva».Gad Lerner non fa giri di parole e si assume la responsabilità di un mestiere che può fare da ago della bilancia nella nostra contemporaneità.

«Sarà stato per vendere piú copie, sarà stato per interesse di certi imprenditori politici a cui fa comodo cavalcare il sensazionalismo legato a determinate situazioni, fatto sta che spesso i media hanno assecondato ed enfatizzato ondate cicliche di brutte notizie, sovrarappresentando le emergenze, vere o presunte tali».

Volto tv e opinionista di primo piano, origini libanesi, Lerner ci manda un messaggio chiaro: non tutto quel che finisce sulle pagine dei quotidiani o passa sugli schermi è da prendere per vero o per tutta la verità a nostra disposizione.

Lo spunto per questa spinosissima discussione arriva proprio dal tema che il giornalista affronterà sabato, alle 14, in piazzale di via del Lago a San Daniele, ospite di Arie di Festa Fvg. Parlerà di giornalismo contemporaneo nell’epoca del fanatismo.

«Non sono state scelte a caso queste parole - spiega -, perché quello che stiamo vivendo è proprio un incremento del fanatismo tra i cittadini, spesso e volentieri generato dai media che vedo sempre piú assecondare ataviche paure umane fino a suscitare pericolose fiammate e profondi guasti socio-culturali».

Gli chiediamo a cosa stia pensando. Non esita a infilare il coltello nella piaga mediatica dell’immigrazione: «Si parla di invasione, ma non sono presi in considerazione i numeri, certamente problematici, eppure assolutamente sostenibili. Si parla di furbi che vogliono rubarci l’Italia, ma non si spiega da quali scenari di guerra provenga chi è costretto a fuggire. E non si dice che la maggior parte di questi popoli in fuga non si vuole fermare qui. Si parla di emergenza scabbia quando la percentuale piú alta di persone che contrae questa infezione si registra tra chi pratica il turismo sessuale; e si dimentica che in questo gli italiani primeggiano».

Il giornalismo italiano soffre, dunque, di un’iperattività che genera anche informazioni sbagliate? «Credo sia piuttosto vero il contrario. Si parla troppo poco di quali sono i problemi reali, c’è troppo poca informazione sana».

Un male curabile? «Certo. I giornalisti possono e devono allargare il loro sguardo culturale sul mondo, cercando di esprimere, anche nelle realtà locali, un respiro cosmopolita; mentre i cittadini devono informarsi meglio e non lasciarsi attrarre dal finto moralismo e dalle propagande d’odio che fanno ormai parte di un certo giornalismo e di una certa politica».

Lasciarsi guidare dai messaggi forti di figure di riferimento simboliche, però, è nella natura umana. E non sfugge ovviamente a Lerner il fatto che sbarcherà nel pianeta Aria di Fvg nello stesso giorno in cui sarà presente un certo, incommensurabile, Bob Dylan.

Il giornalista trattiene l’emozione: «Purtroppo - ci dice - non potrò fermarmi per il concerto, ma sono un grande fan di Dylan, un artista e una persona che rappresenta un’epoca di grandissima apertura, quando la gioventú mondiale era in rivolta presa da un’ansia di libertà. Le sue canzoni - ama sottolineare Lerner - sono un magistrale prodotto della globalizzazione, capaci di unificare persone di tutto il mondo sotto la bandiera del sogno di libertà. Oggi chi può fare altrettanto? Sarò impopolare, ma la figura piú simbolica è al tempo stesso la piú controversa, ovvero quella del migrante, che attraverso la sua inquietudine ci racconta un’immensa voglia di vivere e di ricercare la felicità».

. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto