L’esordio di Roberta Recchia, racconta tutta la vita che resta
La scrittrice, classe 1972, laurea in Lingue e Letterature europee e americane, insegnante in un liceo romano, scrive dall’età di 11 anni: «La mia unica lettrice era mia sorella perché mi è sempre mancato il coraggio di far leggere ad altri quello che scrivevo»

“Ma quando era cominciata la vita di prima? Quando aveva deciso di sposare Stelvio Ansaldo, avrebbe detto Marisa sicura. Iniziò nel momento preciso in cui, mentre passeggiavano fianco a fianco in silenzio, a via del Moro, lei si voltò a guardarlo. «Ti voglio sposare! Sposiamoci, Ste’…Lui la fissò, disorientato dallo stupore. Gli aleggiarono sulle labbra mute tante domande, i se, i ma, i perché... Annuì, senza dire niente. Mentre la prendeva sottobraccio, stringendole la mano nella sua, cominciò la vita di prima. Era una domenica di novembre del 1956”.
Abbiamo appena superato il prologo e siamo al capitolo primo di Tutta la vita che resta (Rizzoli), titolo del primo romanzo di Roberta Recchia e in quel “tutta”, c’è già il senso di un’intera storia che parla di dolore, di dramma, di speranza e resistenza.
Roberta Recchia, classe 1972, laurea in Lingue e Letterature europee e americane, insegnante in un liceo romano, scrive dall’età di 11 anni, e ci racconta, «la mia unica lettrice era mia sorella perché mi è sempre mancato il coraggio di far leggere ad altri quello che scrivevo. Poi un giorno ho deciso di inviare il manoscritto a un’agenzia letteraria che ha creduto nella mia storia».
Ed effettivamente l’esordio di questo libro costruito con un prima e un dopo, e «ambientata a Roma negli anni Cinquanta e in una cittadina sul mare con un nome di fantasia», è sorprendente e potente al punto che se ne sono innamorati i maggiori editori stranieri, (il libro è venduto in 15 Paesi, tra cui Inghilterra, Francia, Spagna e Germania) ancor prima della pubblicazione in Italia.
Di Marisa e Stelvio Ansaldo possiamo solo anticipare che sono personaggi concreti, vivi. La tragedia che li colpisce, il dolore e il lutto che trasformeranno completamente le loro vite, uniscono in un filo tenace le storie di tutti gli altri personaggi, a partire da Miriam, anche lei vittima di un’indicibile atto di violenza.
«Ogni parte della vicenda racconta il perdersi di questa coppia e della nipote che era presente. Chiusi in loro stessi e nella tragedia che li ha colpiti, è solo grazie a dei personaggi esterni, che riusciranno a sopravvivere al dolore, trovando un nuovo equilibrio».
La storia non è autobiografica, svela ancora la scrittrice, e non ha riferimenti precisi a fatti di cronaca, anche se le aggressioni del branco, la violenza brutale sulle donne, sono accaduti in passato e purtroppo sono ancora storia recente. Le vittime del dramma sono in questo caso un simbolo e vorrei che la lettura del romanzo offrisse uno spunto di riflessione».
Sullo sfondo di un’indagine rallentata da omissioni e pregiudizi verso un’adolescente che affrontava la vita con tutta l’esuberanza della sua eta, Marisa e Miriam dovranno infatti confrontarsi con il peso quotidiano della propria tragedia.
Il segreto di quella notte diventerà un macigno per Miriam fin quando – ormai al limite – l’incontro con Leo, porterà una luce inaspettata.
«È tra i personaggi quello a cui sono più legata, perché Leo mi ricorda i miei studenti. È un giovane di borgata e avrà un ruolo fondamentale nella vicenda» anticipa Recchia.
L’autrice presenta il libro oggi, mercoledì 10 alle 18.30 in un incontro organizzato alla Biblioteca Guarneriana di San Daniele, in collaborazione con la Libreria Meister, ma sarà anche domani, giovedì 11 alle 18 alla Libreria Palazzo Roberti di Bassano del Grappa e venerdì 12 alle 18.30 al Centro Culturale Candiani di Mestre, un evento orgabizzato in collaborazione con la Libreria Mondadori.
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