Un libro analizza la figura di Paolo di Tarso: un divulgatore appassionato del messaggio di Cristo
Il volume dello storico Valerio Marchi sull’apostolo e martire: «Non inventò il Cristianesimo, ma sviluppò l’opera di Gesù»

Si presenta venerdì 21 febbraio, alle 18, alla libreria Tarantola di Udine, il libro di Valerio Marchi Paolo, l’uomo che non inventò il cristianesimo (Amazon). Dialoga con l’autore Stefano Damiani. Ingresso libero.
È sempre stata affascinante la figura di Paolo di Tarso, venerato dalla Chiesa cattolica come San Paolo. Affascinante come lo è la sua storia: Saulo l’ebreo e fariseo con cittadinanza romana che, dopo essere stato un feroce persecutore dei primi discepoli di Cristo, si unì a loro con una conversione folgorante sulla strada per Damasco. Poi, con il nome di Paolo, condusse una straordinaria opera di evangelizzazione, fondamentale per lo sviluppo del cristianesimo. Oggi lo definiremmo un divulgatore appassionato che senza risparmiarsi, a costo della sua stessa vita, non si stancò mai di diffondere il messaggio di Cristo, fino a giungere al cuore dell’Impero, a Roma.
Sono stati e sono tuttora numerosi gli studiosi e gli intellettuali – credenti o non credenti – che si sono avvicinati alla sua personalità per capirne la forza e studiarne il messaggio. Ma chi era davvero Paolo, l’uomo che dopo duemila anni divide ancora le opinioni?
A questa domanda Valerio Marchi, storico e biblista, propone la sua risposta nel libro “Paolo. L’uomo che non inventò il cristianesimo”. È stato il volume di Corrado Augias “Paolo. L’uomo che inventò il cristianesimo” (Rai Libri, 2023) a dargli lo spunto per ragionare sui ritratti dell’apostolo Paolo che scrittori del passato e del presente hanno offerto e offrono. Ebbene, secondo Marchi tali ritratti sono non di rado e in varia misura distorti rispetto a quanto emerge dalla fonte per eccellenza che ci permette di conoscere Paolo di Tarso: il Nuovo Testamento.
Nel saggio l’autore si concentra soprattutto sul recente lavoro di Augias, ma estende il discorso anche ad altri scrittori, portatori di idee analoghe a quelle dell’illustre divulgatore. Fra quelli del passato, ad esempio, Nietzsche (peraltro ritenuto da Augias un valido punto di riferimento), il quale, fra le altre cose, descrisse l’uomo di Tarso come un “funesto cervellaccio”, portatore non della “buona novella” del Vangelo, bensì di una “cattiva novella”.
Secondo Marchi, il prestigio di cui gode Augias conferisce ai contenuti del suo libro un peso specifico maggiore rispetto a quanto essi ne avrebbero se a firmare fosse stato uno scrittore meno noto: ed è questo il motivo per cui ha ritenuto utile proporre un’analisi al volume sopra citato, con il quale Augias si è proposto di far conoscere meglio Paolo di Tarso tramite un lavoro svolto in un’ottica non di fede ma positiva, dove per positiva si intende accertata, valida secondo la concretezza dei dati oggettivi.
«Le intenzioni di Augias erano promettenti – commenta Marchi – ma nel complesso, a mio avviso, nonostante il fatto che egli sia indiscutibilmente un uomo di profonda cultura, di vasta esperienza e di notevoli capacità comunicative, in questo caso i risultati sono suscettibili di non pochi rilievi critici. Fare storia con uno stile narrativo-divulgativo è possibile, ma non è per niente facile, e per farlo bene occorre sempre rispettare metodi e principi del lavoro storico. Altrimenti si rischia di ricadere nella fiction oppure, anche quando ciò non accade, ci si sposta dal versante storiografico-narrativo a quello del romanzo storico: che è una tipologia espressiva rispettabilissima, ma è un’altra cosa».
Nel suo libro, sorretto anche da una significativa bibliografia, Valerio Marchi, dedito da decenni allo studio delle Sacre scritture, ha inteso rimanere fedele alla narrazione neotestamentaria. Egli sostiene, motivando puntualmente le proprie affermazioni, che il ruolo di primo piano ricoperto da Paolo nell’approfondimento e nella divulgazione del Vangelo non è affatto consistito in una sua arbitraria “invenzione” del cristianesimo, bensì è stato lo sviluppo fedele e coerente dell’annuncio e dell’opera di Gesù. —
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