Lignano, le meraviglie orafe di De Martin in una mostra alla Terrazza a mare

LIGNANO. L’arte con la A maiuscola ha un’età? No, perché l’arte, quando è vera arte, è eterna e universale.
Piero De Martin, friulano, orafo e scultore, nel 2019 onora i suoi primi quarant’anni di attività artistica. Lo fa ripercorrendo le sue tappe e ricordando le personali in Friuli e all’estero. Lo fa con molta discrezione e rispetto percorrendo un tragitto quasi fosse di un altro.
Ed invece dentro quel racconto c’è lui in prima persona e si meraviglia, per certi versi, di essere il protagonista di quella storia artistica che, invece, gli appartiene in tutti i sensi.
A ricordare questi primi 40 anni sarà una grande esposizione, alla Terrazza a Mare di Lignano Sabbiadoro, da oggi, venerdì 19, ore 24, l’ora delle streghe.
Terrecotte policrome, sculture, gioielli con materiali preziosi (pietre, oro, argento, diamanti) uniti a materiali poveri (terrecotte, paste vitree, acciaio) saranno sapientemente esposti. La rassegna ha il coinvolgente titolo “Una vita nella luce preziosa”. Non sarà un’antologia perché a Lignano porterà tutte opere nuove. «L’antologia – confessa – la farò più avanti, magari a cinquant’anni di attività artistica».
Nato a Castions di Strada nel 1995, è docente di arte orafa al Liceo Artistico “Giovanni Sello” di Udine, nella sezione design del gioiello.
Nel 1986, in occasione del decennale del terremoto in Friuli, ha realizzato una scultura in oro che è stata consegnata al compianto on. Giuseppe Zamberletti, commissario straordinario. Per 5 anni consecutivi, dal 1999 al 2004, De Martin ha vinto il premio “Vota il gioiello più bello” indetto dall'amministrazione della Fiera di Udine. Dal 2000 al 2002, nell'ambito di Vicenza Oro, è stato tra i finalisti del concorso internazionale “Word Council Design del gioiello”.
Nel 2008 ha realizzato un percorso artistico legato a Palmanova con una personale di opere e gioielli ispirati alla particolare architettura della città-fortezza veneziana In 40 anni di attività molte le sue esposizioni in Italia e all'estero (Dubai, Miami, Stoccarda, San Pietroburgo, Parigi) e le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private a Monaco, New York e al Museo di Efeso (Turchia).
Per Piero De Martin cos’è l’arte?
«È una bella ed entusiasmante forma espressiva, è un’energia che hai dentro e, ogni giorno, trovi una soluzione, un motivo per dare respiro e anche fattività ad un’idea, un progetto che vivi e condividi con gli altri».
Osservando le tue opere mi sono soffermato sulla luce. Come dire che la luce è protagonista.
«Per quanto mi riguarda la luce che esalto nelle mie opere, in particolare nelle sculture, è un fattore dominante, un punto di riferimento, un elemento importante per dare all’opera la massima tridimensionalità. Con la luce si riesce a dare profondità, senso prospettico esprimendo con i chiaroscuri la vibrazione e l’energia dell’opera».
La luce dunque dà vita ad un’opera e alle sue espressioni?
«La luce fa proprio vivere un’opera, la mette in risalto, ne sottolinea la plasticità e dinamicità che sono elementi dominanti soprattutto dell’insieme».
Com’è il tuo rapporto con gli allievi del Liceo artistico Sello di Udine in cui, da 40 anni, insegni? È proficuo, creativo, con interscambi?
«Da 40 anni mi dedico all’insegnamento oltre che all’attività artistica. A scuola il rapporto con i ragazzi è favoloso. Con loro condivido le idee, le espressioni creative e posso confermare che la relazione è accattivante, piena di energia perché questi giovani sono motivati Vivo con una bella gioventù».
La matematica e la geometria hanno una loro precisa organizzazione strutturale. Come sei influenzato da esse? E come le riproduci nelle tue opere?
«Sono state proprio la geometria, la struttura architettonica e l’urbanistica di Palmanova, che da 15 anni a questa parte hanno particolarmente influenzato il mio pensiero artistico. La geometria è matematica e calcolo e insieme danno un senso estetico all’arte. Ho condiviso così un mio percorso progettuale che, con determinazione e convinzione, porto avanti da anni».
Con la “galeotta” Palmanova sei riuscito a trattare in arte l’utopia?
«Dare un senso logico all’utopia nella struttura scientifica è un po’difficile, ma per uno come me che vive nel mondo dell’arte è proprio l’arte che, per fortuna, ti proietta su dimensioni dove i confini non ci sono. Si possono però sviluppare dei concetti, delle idee e delle energie creative dove l’utopia viene messa in atto».
Quarant’anni di attività artistica. Quante personali hai fatto e, tra le tante, quale ricordi con maggior interesse?
«Di personali ne ho fatte circa 250. Tutte con una loro logica, una loro esperienza, una loro emotività. Ricordo, in particolare quella a Dubai nel 2005. È stata per me una sfida perché affrontare il mondo orientale con la sua mentalità e le sue espressioni artistiche ha rappresentato una grandissima esperienza dal punto di vista artistico». —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto