Lino Zanussi, la grande biografia: le geniali intuizioni di un uomo che trasformò l’impresa familiare in un colosso dell’economia

Esce martedì 10 settembre nelle librerie la biografia di Piergiorgio Grizzo

Walter Tomada
La copertina del libro e l’imprenditore Zanussi a Villa Ronche in una foto pubblicata sul settimanale Grazia del marzo 1967
La copertina del libro e l’imprenditore Zanussi a Villa Ronche in una foto pubblicata sul settimanale Grazia del marzo 1967

Una vita emozionante, un’impresa che fece epoca e una sfida che cambiò faccia a una città intera: per esprimere tutto questo basta una parola, Zanussi. Per raccontare quest’epopea ci vuole invece una biografia accurata ed avvincente che sinora inspiegabilmente mancava, ma che Piergiorgio Grizzo (con la consulenza storica di Carlo Sam) è stato capace di dedicare a Lino Zanussi per ricostruirne in modo dettagliato la formidabile esperienza.

“Lino Zanussi, la grande biografia”, nelle librerie dal 10 settembre (Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 256 pagine, 18 euro, corredato da molte foto storiche), è un lavoro prezioso che attraverso testimonianze e documenti inediti ritrae una figura straordinaria, capace di trasformare con intuizioni geniali una piccola impresa familiare in un colosso dell’economia italiana.

Tutto questo in nemmeno un ventennio in cui l’azienda cresce 100 volte: nel 1950 l’industria paterna conta 100 operai, che nel 1958 diventano 1.200 e nel 1968 ben 13.000. Com’è stato possibile?

La risposta soffia nel vento, avrebbe detto in quegli anni Bob Dylan; lui parlava del vento del pacifismo, mentre quello che Zanussi seppe interpretare era il vento del boom economico, che puntava a portare in ogni casa le icone di un nuovo benessere. La Zanussi inizialmente produceva stufe a legna, ma il successo arrivò con la scelta di cambiare rotta e puntare sui frigoriferi.

Il settore all’epoca era monopolizzato da americani e tedeschi, ma il marchio Rex Zanussi, come la Fiat per l’auto o la Olivetti per le macchine da ufficio, invertì la polarità sfondando anche sui mercati esteri. Non produceva nulla di avveniristico, ma esemplari funzionali, esteticamente molto curati (farà scuola il design Zanussi) e soprattutto convenienti. I risultati furono immediati. Negli anni Cinquanta una famiglia su 100 aveva un frigo, gli anni Sessanta questi elettrodomestici, insieme a lavatrici, cucine a gas e televisori fecero irruzione nelle case italiane e la città che li sfornava diventò una company-town.

Grizzo racconta in modo coinvolgente questa esistenza vissuta a cento all’ora, e particolarmente efficace è la scelta di iniziare dalla fine, dal giorno in cui tutto questo sogno svanisce, insieme all’esistenza del suo creatore.

Il 18 giugno 1968 il suo aereo aziendale si schiantò sul monte Jaizkabel, sopra San Sebastian, in Spagna. Mezzo nuovissimo e pilota espertissimo non scongiurarono la tragedia, un incidente su cui ancor oggi il mistero regna sovrano. Quarantamila persone resero omaggio al feretro insieme alle più alte cariche dello Stato. Tutta la città si fermò per inchinarsi a chi l’aveva fatta rinascere.

L’ambizione di Lino incarnava infatti il sogno di un’intera generazione: era il self-made man, l’uomo che si era fatto da sé e con il suo successo dava impulso alle speranze di tutti i “metalmezzadri”, operai di giorno e contadini la sera o nel weekend, che erano l’ossatura della sua forza lavoro. Non solo. Pensava che la sola alternativa per un’azienda fosse “crescere o scomparire”.

Per questo Zanussi doveva diventare un marchio sempre più presente, e i suoi operai sempre più numerosi (nel 1968 ne assunse 2.000 in sei mesi) ma anche qualificati.

A questo scopo non solo spendeva 7 miliardi l’anno per finanziare la ricerca e lo sviluppo, ma sentiva l’esigenza di creare sul territorio una serie di agenzie di formazione che mancavano per forgiare sia la manodopera che i quadri aziendali.

Favorì quindi la nascita di strutture come la Casa dello Studente, luogo per incontri, mostre e dibattiti utile per la crescita culturale della città, ma anche mensa, biblioteca e aula studio per gli studenti fuori sede degli istituti superiori di Pordenone, in attesa di bus o treni che li riportassero a casa dopo la scuola.

C’è ancora, come l’Istituto Professionale di Stato per l’Industria, pensato come palestra per i nuovi tecnici della Rex o delle altre imprese del territorio, e l’Istituto Tecnico industriale: tutte eredità di un uomo che sembra difficile da dimenticare, ma che solamente l’opera di Grizzo – con il suo lavoro meticoloso e appassionato – permette oggi di riapprezzare nella sua dimensione autentica di genio imprenditoriale e di uomo generoso e coerente.

Una frase su tutte, rilasciata durante un’intervista nei primi anni Sessanta, che a rileggerla oggi assume un vero valore testamentale: «Vorrei che i nostri lavoratori, una volta usciti dallo stabilimento, si dimenticassero dell’azienda. Che lasciassero indietro le fatiche, le angosce del lavoro. Che coltivassero le proprie passioni».

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